Frammenti in fiore, anteprima

La parola all’autrice

“Frammenti in fiore” (di Alessandra Giordano) è un romanzo che pone a confronto un’adolescenza deviata e un’adolescenza tradizionale: se Maddalena seduce e resta impigliata e marchiata dalla sue storie, Odette traduce e-vivendo soltanto nei libri- si ritrova ad assistere a un passato già accaduto, che non può cambiare ma che risulta comunque di forte impatto emotivo.

Adolescenza età d’ombra, perché?

Età d’ombra perché è un periodo orribile per il quale non provo alcun rimpianto: troppo facile perdersi nel gruppo, troppo rischioso essere isolati dal gruppo. Ho vissuto quest’epoca come un incubo, senza capirla e senza capirmi, io ero quella strana che leggeva ma sarei voluta essere meno strana e perdermi nei baci dei ragazzi. Ho rivissuto, e compreso, l’adolescenza come insegnante in scuole a rischio e subito mi è apparsa più chiara; ora la sto attraversando con mio figlio (il primo di tre) e, ribadisco, è un’età d’ombra: la luce è vicina ma non la si percepisce.

Il senso delle tre digressioni storiche qual è?

In realtà sono quattro anche se la quarta è vicina alla dimensione del reale. Hanno senso perché Odette cerca uno spazio mentale in cui rinchiudersi, tramite la Storia rinforza la sua immagine di genietto e rinnega le pulsioni sessuali che comincia a sentire e che le suscitano un forte senso di colpa.

Torna, in quest’opera, la denuncia sociale: perché?

In anni di frontiera ho visto cose che non avrei mai immaginato: rabbia senza possibilità di voce, pensieri uccisi da situazioni di degrado. Se la politica continua a non ascoltare queste voci, l’Italia è priva di futuro; non ho potuto tacere il buio.

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Anteprima 1

Non poteva fare niente ed era incredula. Se c’era un aggettivo che poteva descrivere il suo stato era proprio quello: incredula; incredula e stanca.

<<Cioè, voi dite che…>>.

Non sapeva perché, si trovava sul punto di ridere. Come Joker davanti a Batman. Lei era andata lì a chiedere aiuto per Leila, la timida Leila, sua seconda figlia, resa ridicola in classe da quella puttana di sua nipote, e loro si erano guardate ridendo e, sempre ridendo, le avevano detto che non si preoccupasse, che tutti i suoi figli avrebbero cambiato scuola e residenza, li avrebbero mandati in residenze protette.

Protette da chi? Era lei il lupo cattivo?

<<Guardi, Maddalena, è meglio così (mi stai prendendo per il culo! – Ti sto prendendo in giro!); i bambini non possono stare con lei, capisce? Mancano le condizioni minime di abitabilità.>>.

<<Certo: sono ai domiciliari e non posso lavorare, mio marito è in carcere. Non ho niente…tranne che i miei figli>>.

<<Niente appunto: niente igiene, niente riscaldamento, niente accudimento. La casa almeno, deve essere pulita; i bambini dovrebbero avere almeno tre stanze, hanno età diverse e uno è maschio.>>.

<<Niente igiene?>>.

<<E dai Maddalena, avete un…odore!>>.

Un odore certo perché rispetto al profumo di lavanda dei fluenti capelli di Tiziana Capoferro, tutti i poveri sarebbero risultati puzzolenti e pezzenti. Era odore di povertà quello che Tiziana aveva rimosso, aveva dimenticato, censurato forse in una zona inaccessibile del preconscio.

<<Il riscaldamento c’è!>>.

<<C’è! Ma siete abusivi, non pagate il gas.>>.

<<Io il gas lo pago.>>.

<<E con che soldi, Maddalena? Lei non ne ha soldi e se li ha significa che di nuovo delinque!>>

<<Mi continua a dare del lei, dottoressa; e poi mi tratta con disprezzo perché sono abusiva. E lei? Le case in Via Martiri del Turchino se ricorda, quando ancora non c’era la Pianacci e si giocava tra gli orti e le curve, quando…>>.

Tiziana la guardò con odio fermo e azzurro, Maddalena non ebbe la forza di andare avanti: era avvilita, spezzata, morta. La donna accanto, la psicologa Elisa Maria Ottobrilli, intervenne:

<<Sarebbe utile, signora Madonìa, se lei tacesse riguardo l’attuale situazione; i bambini non devono ancora sapere nulla, semplicemente lei cominci a preparare le loro valigie senza farci troppo caso, quando verrà il momento glielo comunicheremo.>>.

Incredula: in quella stanzetta squallida e buia, poco accogliente ma alla quale si era affidata e nella quale aveva confidato i suoi frammenti di vetro soffiato, venivano condannati anche i suoi figli. Cristian la Bestia – così si faceva chiamare quel bastardo di suo marito che di battesimo faceva Cristian Dedìo – li aveva uccisi tutti: lei e i figli.

Il sole entrava dalle fessure della persiana rotta del Distretto e descriveva, tra il pavimento alla genovese e gli stucchi in decadenza, spirali di pulviscolo danzante e disciplinato; Maddalena sentì scendere le sue lacrime come l’orina incontinente di un anziano: erano lacrime d’ammoniaca e di cristallo rotto, scendevano e graffiavano il volto.

Anteprima 2

L’agorà era gremita di uomini; il caldo era secco e ventilato e le parole dell’ambasciatore di Corcira sembravano spezzarsi al cospetto degli Ateniesi.Egli sapeva infatti che questi erano legati a Corinto da un trattato ma poteva giocare sul fatto che Sparta -appoggiandosi a Corinto- avrebbe acquisito ulteriore potenza. Nella Lega del Peloponneso non vigeva la medesima democrazia che animava la Lega Delio-Attica ma gli alleati dei Lacedemoni avevano troppa paura per reagire apertamente. Corcira s’illudeva, non conoscendoli, che gli Ateniesi avrebbero stipulato con loro un’alleanza alla pari e, comunque, riteneva che in quel momento Corinto costituisse un impedimento alla libertà.

<<La nostra flotta>>, diceva l’ambasciatore, << è la seconda per quanto riguarda la forza e il numero di navi; i rapporti tra voi e gli Spartani si stanno deteriorando e prima o poi, la potenza più aggressiva, assoggetterà l’altra: infatti non esiste più un nemico esterno che funga da paciere.>>.

Aspasia si trovava in una delle prime file e guardava il suo uomo; era preoccupata da quell’odore di guerra, la risposta agli ambasciatori era già scritta sui volti di coloro che ascoltavano, di coloro che-figli di padri caduti in guerra- desideravano la possibilità di imprese eroiche.

Era vero che senza il pericolo persiano i rapporti tra le due potenze si erano fatti più tesi e la sete di egemonia non aiutava né gli uni né gli altri.

Inoltre Sparta accusava da tempo Atene di fare un uso strumentale della religione e andava convincendo le città vicine alla polis che prima o poi gli dei avrebbero chiesto il conto.

Era un periodo in cui molti gridavano all’empietà e Aspasia, amante della ragione, era spaventata da tanto fanatismo e dal moralismo imperante che stava trasformando la città.

Anche lei e Pericle si trovavano costantemente sull’orlo dello scandalo e questo perché avevano il coraggio di gridare la loro relazione all’aperto mentre molti altri uomini tradivano le donne di  notte e le donne, a dire il vero, non erano da meno!

Prese la parola uno dei più grandi avversari politici di Pericle, Tucidide di Melesia, entrato di nascosto ad Atene nonostante l’ostracismo. Era avvolto in un mantello che gli copriva il capo ma gli occhi nerissimi e saettanti rivelavano il suo nome:

<<E così vuoi dichiarare guerra agli Spartani, caro Pericle, tradire la Pace Trentennale coi i giusti Lacedemoni e nascondere nel sangue il fatto che questa democrazia, così desiderata da Temistocle ed Efialte, sia ormai solo nominale e che tu, in questa pòlis, sei il tiranno!>>.

Si levò un bisbiglio cupo: chi asseriva e chi negava.

<<Non ti nascondo>>, continuava quello ormai liberatosi del mantello, <<che questo tuo interesse verso Corcira sembra nascere dal desiderio di distogliere l’attenzione dal tuo non chiaro operato>>.

La tensione crebbe, tutti attendevano la risposta del grande statista.

<<Tucidide di Melesia, anche se sei giunto nascosto dietro un mantello, la tua voce è sempre  chiara e forte. Ebbene, non ti condanno perché riconosco la tua grandezza, il tuo valore e, in questo momento, gli uomini validi servono: quelli del mio partito riconoscono il valore.>>.

I democratici applaudirono, gli aristocratici fischiarono.

<<Sai parlare bene, Pericle; tuttavia eviti di rispondere su Fidia, su Aspasia, su Anassagora, sui loro traffici! Se tu sei il Primo Cittadino, devi comportarti da tale invece fai apparire pulita un’esistenza che puzza!>>.

Dall’agorà si levarono iraconde proteste sotto un sole ormai infuocato. Aspasia si sentiva mancare, le gambe molli e le braccia doloranti le suggerivano che si trovava nei pressi di un campo di fave, eppure la stagione della fioritura era finita da tempo.

Rosa Johanna Pintus

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