Humanae litterae et infamia: l’Italia e l’Europa verso la damnatio memoriae dei morti e l’apartheid dei vivi

Humanae litterae, come letteratura, e infamia, come cattiva reputazione. E’ in atto un tentativo di damnatio memoriae dei morti (gli autori e gli artisti) e di apartheid dei vivi (gli sportivi e tutto ciò che rappresenta la Russia).

“Siamo fuori di testa ma diversi da loro”, penso ai Maneskin mentre l’epurazione ha inizio e io ancora fatico a crederci.

Si può davvero sanzionare la cultura di un popolo e tenersi il gas? Ancora una volta il dio dell’economia vince su tutti gli altri e io voglio solo sperare che Tolstoj avesse ragione quando sosteneva che

Dio esiste ma non ha alcuna fretta di farlo sapere.

Lev Tolstoj

Be’, io credo però che adesso questo Dio debba farsi vedere perché il mondo che ha creato si sta suicidando e il decantato libero arbitrio, per dirla con Tucidide, è solo l’utile del più forte.

Eppure non mi dovrei stupire di fronte a questo maldestro tentativo di damnatio memoriae, di fronte al professor Paolo Nori, che magari si è pure vaccinato per amor di insegnamento, e che adesso viene censurato in quanto reo di tenere un corso di letteratura su Dostoevskij!

Adesso siamo tutti ipocritamente ucraini. Adesso ci interessiamo di un Paese di cui abbiamo più volte insultato le donne in fuga:

Vengono qui per rubarci gli uomini, per manipolare i nostri vecchi!

…vox populi

Quando insegnavo al Cpia ho visto ragazze e donne ucraine piangere perché veniva negato loro il permesso di soggiorno, le ho viste spendere i pochi soldi ottenuti lavorando da badanti con avvocati incaricati per i ricorsi.

Ecce Italia: un tritacarne neoliberista che ora salva chi ha ucciso in vista di qualche profitto nascosto.

Ma adesso siamo tutti bravi, tutti solidali. Con gli Ucraini perché ci servono mentre i neri li lasciamo annegare in mare.

Questo è! Togliamoci le aureole.

I cattivi sono i Russi, tutto ciò che è russo corrompe.

Diceva Leonid II’ic Breznev:

Noi dichiariamo con la massima responsabilità: non abbiamo pretese territoriali verso chicchessia, non minacciamo nessuno, siamo favorevoli al libero sviluppo dei popoli ma nessuno si provi a usare con noi il linguaggio degli ultimatum e della forza.

Breznev, rapporto al XXIV Congresso del PCUS

Basterebbe togliere le basi Nato dai confini dell’Ucraina e Putin ritirerebbe le truppe ma ormai il conflitto è partito e l’industria delle armi, che con il Coronavirus aveva perso il suo posto al sole, deve guadagnare i soldi persi con la demilitarizzazione dell’Afghanistan.

I Russi sono i vecchi comodi nemici dell’Europa e dell’America in attesa dei Visitors, dei Rettiliani o di chissà che altro.

Io però con i Russi (gli autori) ci sono cresciuta, sono stati i miei zii mentre i padri erano greci: i Russi sono arte, danza, musica, letteratura.

Dobbiamo cancellare tutto?

Sergei Loznitza non ci sta, non si giudicano le persone dal passaporto, dice, non facciamoci prendere dalla follia. E’ un regista ucraino e non condanna i Russi in toto.

Invece la follia incombe: li condanna invece Fiera Ragazzi di Bologna, li condanna persino il Comitato Paralimpico che impedisce agli atleti Russi e Bielorussi di partecipare ai giochi.

In nome dell’inclusione?

Scrive Chiara Baldi su La Stampa:

Ora l’ateneo comunica che ci ha ripensato: «L’Università di Milano-Bicocca è aperta al dialogo e all’ascolto anche in questo periodo molto difficile che ci vede sgomenti di fronte all’escalation del conflitto. Il corso dello scrittore Paolo Nori si inserisce all’interno dei percorsi “Between writing”, percorsi rivolti a studenti e alla cittadinanza che mirano a sviluppare competenze trasversali attraverso forme di scrittura. L’ateneo conferma che tale corso si terrà nei giorni stabiliti e tratterà i contenuti già concordati con lo scrittore. Inoltre, la rettrice dell’Ateneo incontrerà Paolo Nori la prossima settimana per un momento di riflessione».

Chiara Baldi

La Bicocca ci ha ripensato…e vissero felici e contenti? Allora perché quel momento di riflessione? Un sinistro controllare i contenuti di un corso?

La Scuola e l’Università sono arcistufe di una cultura declinata alla politica: prima la campagna contro studenti e docenti no vax, ora l’attenzione verso tutto ciò che rappresenta il nemico russo (ma non lo faceva l’Urss nei confronti dell’Occidente?).

La Russia non è Putin: molti Russi contrari a quest’uomo sono stati arrestati ma questo all’Europa non importa, importa soltanto esportare armi e alimentare un conflitto mentre è chiaro come questi governanti non abbiano mai letto Delitto e Castigo.

Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni

Fedor Dostoevskij

Ma che ve lo dico a fare…

Alessandra Giordano

L’Ucraina come Elena di Troia

Da otto anni l’Ucraina è in guerra, un conflitto fratricida che vede da un lato i filorussi e dall’altro i filoeuropei. Viktor Janucovyc, il presidente, non potendo vincere, lascia il Paese.

Putin non ci sta: le proteste sono state finanziate dagli Stati Uniti che vogliono circondare la Grande Russia di basi missilistiche occidentali quando la Nato, caduto il Muro di Berlino, non avrebbe più senso di esistere.

Invece esiste e attira a sé gli ex paesi del patto di Varsavia! I guerrafondai sono loro, pensa Putin, e non ha torto, agli Americani l’Ucraina interessa quanto ad Agamennone interessava Elena di Troia: non per le sue grazie il re dei re sacrificò la figlia Ifigenia!

Per gli Usa Ucraina significa Europa, significa mettere in scacco matto l’avversario di sempre, significa creare ansie e difficoltà alla Cina.

L’Ucraina, ahimè, non conta: la partita è un’altra. E in effetti Volodymyr Zelen’skyj viene interpellato pochissimo, il suo curriculum di comico e di sceneggiatore ce lo mostra nella fragilità di un Nerone che suona l’arpa tra le fiamme del suo Paese.

Non può far nulla ora Zelen’skyj, presidente odiato dal Donbass, simpatizzante dell’estrema destra e filonazista nonostante le sue origini ebraiche. Zelen’skyj è un mistero di cui sappiamo troppo poco per poter osare un qualsiasi giudizio ma possiamo comunque osservare un fatto inconfutabile: manipolato e manovrato dagli Stati Uniti, ha osato l’inosabile pensando che sarebbe stato aiutato dalla Nato in caso di guerra.

Invece Zelen’skyj e l’Ucraina erano l’esca perfetta per innescare una guerra senza sparare un colpo. Il fatto è che, perché un intervento sia giustificato, occorrono delle vittime sacrificali: Agamennone sacrificò la figlia Ifigenia, la Nato gli Ucraini (meglio ancora se donne o bambini).

L’aiuto della Nato è prudente: arrivano armi, non arrivano uomini. Quali costi avranno queste armi? Nulla è gratis.

In tutta questa vicenda colpisce la completa sudditanza dell’Europa, la sua assurda incoerenza.

Perché c’è un fatto. Un gasdotto, il Nord Stream 2, costruito già al 95%, è voluto da Russi ed UE. La Germania in particolare ne conosce l’importanza economica; gli Ucraini invece sono da sempre contrari a questa soluzione poiché guadagna dal passaggio del gas nel suo territorio mentre il Nord Stream 2 riuscirebbe ad aggirare il Paese.

Cambiato il Governo in Germania, cambiano gli interessi e, con un atto del tutto suicida, la Germania rinuncia a un gasdotto già costruito. Un gasdotto non voluto da Biden, presidente a cui sfuggono alcune pagine dei libri di storia ma che deve aver letto avidamente il primo Ken Follet: la guerra fredda è terminata e con questa la ragion d’essere della Nato.

La Nato però c’è ed è spaventosamente aggressiva, a Putin non resta altro che ricostituire, per difendersi, il Patto di Varsavia e non esclude (lo sappiamo chi è Putin) la forza.

In tutto questo i già poveri civili ucraini sono l’effetto collaterale da mettere in conto: una massa, e quindi un nulla, di gente sacrificabile per Putin, Biden, Zelen’skyj.

L’unica differenza rispetto alle Troiane di Euripide è che almeno molte donne ucraine sono in salvo in Italia.

Alessandra Giordano

Un’alleanza contro il drago e i partiti delle munifiche prebende

Genova- Ancora Italia, Riconquistiamo l’Italia, Alternativa c’è e Italexit hanno costituito una lista comune da presentare alle elezioni amministrative e, a breve, si partirà con la raccolta firme per la presentazione della stessa. I tre partiti sembrano essere l’unica opposizione possibile alla svolta neoliberista ed eversiva del nostro amato Paese che sta svendendo a William Henry Gates III (al secolo Bill Gates), a Red Bull e ad altre multinazionali il nostro patrimonio storico e naturalistico.

Attualmente l’emergenza è quella di contrastare, scusate il gioco di parole, lo stato di emergenza che risulta essere una miniera di denaro facilmente accessibile per coloro che hanno interesse a prorogarlo per mero interesse personale.

Fa male constatare come la Magistratura abbia perduto quell’autonomia di giudizio che la dovrebbe caratterizzare in un Paese democratico ma, è evidente, qui in Italia la democrazia è soltanto l’utile del più forte.

Nonostante queste considerazioni, esiste una parte politica che non si arrende e che spera , che s’impegna e che combatte non per i diritti di pochi ma per i diritti di tutti.

Montanelli scrisse che basta offrire al popolo l’illusione di un po’ di potere per poi fargli accettare tutto e acclamare la dittatura, lo scrisse riferendosi al fascismo ma l’uomo ricade nello stesso inganno.

Chi vigila, vale la pena ricordarlo, vigila per tutti: per il negoziante che pretende il green pass, per la società sportiva che non osa ribellarsi, per chi ama infierire senza sapere che sarà la prossima vittima, per chi è costretto a cedere al ricatto per non morire di fame.

I metodi del nostro beatificato premier, denunciati più volte dall’avvocato Marco Mori che si presenterà con Italexit, sono sotto gli occhi di tutti i cittadini ma molti hanno trovato in questo modus operandi una propria dimensione, un sereno modo di essere in qualità di solerti servi di un regime eversivo che mira a ridurre alla fame e al silenzio i dissidenti.

Un sistema eversivo, eversivo davvero se si considera come, grazie ai due terzi di un parlamenticchio interessato soltanto a difendere le proprie munifiche prebende, grida l’avvocato Alessandro Fusillo, l’Esecutivo sia riuscito nel silenzio del mainstream a modificare già due articoli della Costituzione: l’art.9 e l’art.41 .

A dispetto di quanto afferma il link che vi ho suggerito, la verità è un’altra ed è amara: un governo nominato e lontano dalla volontà popolare ha cambiato due articoli fondamentali della Costituzione senza neppure proporre un referendum e istituzionalizzando il ricorso ad eventuali chiusure e lockdown: un vulnus e non una riforma.

Ora è tempo di cambiare e Genova, il giorno della visita di Mario Draghi, lo ha affermato con decisione.

E di nuovo oggi lo afferma, depositando in Questura la denuncia contro Mario Draghi e i suoi ministri preparata da Marco Mori.

Ti aspettiamo alle 16.00 davanti alla Questura, un piccolo gesto fa la differenza.

Alessandra Giordano

Necessitas non habet legem, sed ipsa sibi facit legem: i motivi d’urgenza come semplificazione nella P.A.

La politica delle emergenze ha fatto scacco matto relegando la democrazia all’angolo.

La partita non è stata breve né veloce né improvvisa: le sedici pedine nere hanno cominciato l’avanzata in maniera silente ed attenta tanto che i sostenitori del re bianco non ci hanno neppure fatto caso. Del resto Simone Nardone ricorda che

Il vero politico va istruito con gli scacchi e con il poker poiché strategia e bluff concorrono alla vittoria.

Simone Nardone

La verità, ne parlavo con l’amica Chiara Fasce, attivista ben prima di me, è che all’inizio non ci siamo quasi accorte di nulla mentre adesso il passato è così leggibile, così evidente da ricordare l’ultimo capitolo de La Recherche di Marcel Proust (senza la lettura del quale non si comprende il significato del romanzo).

Il Concorso DS

La prima volta che ho letto in calce a un documento “per motivi di urgenza” mi trovavo in Emilia Romagna. Mia figlia Partecipava ai campionati nazionali di danza sportiva e noi alloggiavamo in una roulotte al Camping delle Rose. All’epoca di Coviddi non ce n’era davvero e neppure li si immaginava. Avevo una ferita quell’anno, ha ragione il poeta Gianni Priano, ma la leccavo come un gatto sornione al sole: avevo partecipato al concorso per DS, avevo superato la prima prova, non la seconda; per assurdo ero stata coinvolta dalla mia amica Giuliana Della Valle in un progetto senza precedenti: la stesura di un manuale per concorsi perché, a sua detta, scrivevo bene.

Il manuale, Mare Magnum, pubblicato due anni fa con tanta fatica e dedizione fu il più bel brainstorming a cui mi sia mai trovata a partecipare in un momento in cui il Ministero della Pubblica Istruzione voleva dividerci a tutti i costi in vincitori e ricorrenti nella logica del divide et impera.

Pur lavorando al progetto e non essendo in alcun modo negativa nei confronti dei colleghi vincitori, il risultato del Concorso non mi convinceva tanto più che coloro i quali non avevano superato la prima prova erano riusciti, tramite ricorso, ad essere ammessi alla terza prova.

E noi? Noi che avevamo superato la prima prova ma non la seconda?

Molti colleghi erano davvero preparati e risultava impossibile credere che non avessero superato la prova scritta; in breve, delusi dai sindacati, istituimmo il Comitato Trasparenza è Partecipazione e ci attivammo alla ricerca della verità.

Uno dei numerosi ricorsi al Tar ottenne la seguente sentenza:

Il ricorso va accolto a seguito della riconosciuta fondatezza della doglianza che ha contestato la legittimità dell’operato della commissione plenaria nella seduta in cui sono stati fissati i criteri di valutazione, con conseguente annullamento in toto della procedura concorsuale in questione.

Giudici del Tar del Lazio

La sentenza del Tar venne immediatamente sospesa dal Dicastero ; l’allora Miur depositò l’appello al Consiglio di Stato

con richiesta di sospensione dell’efficacia della sentenza per ragioni di necessità e urgenza.

Ebbene quindi il Tar si era interrogato sulla legittimità del concorsone ma il Ministero della Pubblica Istruzione ne annullava, di fatto, la sentenza per ” ragioni d’urgenza” .

Pensai che la politica fosse un magna magna e che questa ragione in calce al documento fosse un vulnus nel diritto ma poi passai ad altre questioni: la vita all’epoca andava avanti e, a dirla tutta, un anno dopo il Consiglio di Stato annullò la sentenza di annullamento del Tar dando ragione ai vincitori con buona pace di tutti.

Il problema non è capire chi avesse ragione ma comprendere se la ragion di Stato valga di più della Costituzione e dei passaggi giuridici necessari alla ricerca della giustizia in una democrazia.

Il mito dello snellimento della burocrazia

Perché di fatto è dagli anni Novanta che ci siamo assuefatti a questa comoda dicitura confermata da Bassanini.

L’utilizzo di provvedimenti extra ordinem era stato ritenuto importante per la competitività del nostro lento sistema burocratico che doveva rigorosamente allinearsi ai parametri di Maastricht.

E c’è stata una corsa alla semplificazione guidata dall’EIPA.

Un procedimento amministrativo va però motivato da un lato per consentire alla cittadinanza di controllare l’operato della pubblica amministrazione, dall’altro consente al privato, che si ritiene leso dall’attività amministrativa, di impugnare il provvedimento, contestando il merito delle motivazioni (oltre a poter contestare eventuali violazioni di legge, di forma o di competenza).

Per tali motivi ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato. Le uniche eccezioni sono rappresentate dagli atti normativi e da quelli a contenuto generale, entrambi espressione di discrezionalità politica e non amministrativa (art 3 Legge sul procedimento amministrativo).

Ora, io non sono una giurista e cerco di barcamenarmi in questa materia complessa, temo tuttavia la discrezionalità politica e tutto ciò che da questa può derivare.

La Legge n 241/1990 impronta tutta l’azione della p.a. ai famosi criteri di economicità, efficienza ed efficacia che annullano qualsiasi pensiero critico.

Le norme giustificate dalla necessità però danneggiano in modo indelebile la democrazia: quali circostanze, non previste e non prevedibili, possono imporre l’ adozione di misure straordinarie atte a fronteggiare situazioni di emergenza?

L’utilizzo di continue deroghe agli articoli della nostra Carta va, per conto mio, ad oscurare quel principio di trasparenza e pubblicità che dovrebbe rendere il cittadino partecipe al dialogo con le istituzioni che lo rappresentano e colloca le istituzioni stesse in una torre d’avorio inaccessibile.

Presupposti pericolosi

I presupposti di questo modus operandi sono “i casi straordinari” e “la necessità e l’urgenza”, laddove per caso straordinario si debba intendere ogni fatto imprevedibile, naturale o sociale, che metta in pericolo la vita, l’incolumità o i beni della persona ( un terremoto, un’alluvione, una guerra); necessità ed urgenza offrono al governo la possibilità di non affrontare l’iter parlamentare; da qui deriva l’utilizzo di un linguaggio bellico e il ricorso alla figura di un grande generale in materia di sanità.

Lo Stato di guerra è il presupposto per il conferimento, da parte del parlamento deliberante, dei poteri necessari e straordinari al Governo. Questo era avvenuto con Conte, non ricordo sia avvenuto nella stessa maniera con Draghi ma forse mi sono distratta.

Per l’attuale governo dalle larghe intese l’utilizzo del decreto legge è manna dal cielo: come potrebbe un uomo abituato ad essere solo al comando, più generale del generale stesso, accettare la dialettica del Parlamento e delle quaestiones disputatae?

Disporre sospensioni al diritto ordinario è più semplice e chi non accetta l’ ipse dixit è condannato alla fame come mostra il comune destino di sanitari, poliziotti e docenti che non si sono piegati al Potere.

Speranza

Se al limite l’operato di Conte era giustificabile, considerato il panico in cui è precipitato il mondo in seguito alla Covid e la poca esperienza in materia di pandemie, l’esecutivo di Draghi non ha diritto di essere: l’uomo d’Europa ha ridotto l’Italia a un feudo in cui le stesse raccomandazioni europee sono disattese in nome di un delirio monarchico.

E l’emaciato Ministro della Salute? Sicuramente non era preparato alla vis di un potere che lo sta stritolando, tuttavia se vengono fatti degli errori vanno risarciti. Speranza è già stato giustificato per non aver aggiornato il piano pandemico in un momento di disattenzione in cui l’attuale disastro non era neppure immaginabile, momento a cui Ranieri Guerra ha cercato maldestramente di porre rimedio scomparendo dalla scena pubblica.

Nel caso del ministro Speranza non si tratta di 2500 dirigenti scolastici in concorso per un posto al sole, si tratta di un uomo che ha avuto e ha tuttora in mano il destino di un Paese e chi obiettasse che tutto sommato il nostro non è un medico e potrebbe esser stato mal consigliato, consideri che esiste la culpa in eligendo.

Ultimamente il Tar del Lazio, su ricorso di Erich Grimaldi per il Comitato Terapie Domiciliari, ha annullato la circolare ministeriale della “tachipirina e vigile attesa” in quanto avrebbe impedito ai medici di operare secondo coscienza e che avrebbe condannato a morte, perché di questo si tratta, parecchi Italiani.

Per le disposizioni in materia di Covid alcuni medici sono stati sospesi e altri vivono nel terrore di essere radiati per la semplice richiesta di una serie d’esami allergologici da prescrivere a pazienti che giustamente pretendono rassicurazioni sul proprio stato di salute.

Paradossalmente oggi l’Esecutivo spaventa più della Covid, paradossalmente oggi i sani pregano di ammalarsi per poter esercitare quei diritti costituzionali garantiti prima dello stato di emergenza.

Giorgia Meloni ha commentato con parole dure l’operato di Speranza:

La sentenza del Tar del Lazio mette una pietra tombale sull’operato del ministro Speranza, che ha la grande responsabilità di non aver mai voluto ascoltare le numerosissime esperienze cliniche portate dai medici di base: Speranza non deve restare un minuto di più.

Giorgia Meloni

Il presidente del Consiglio di Stato Franco Frattini però, uno dei papabili candidati al Quirinale, ha scelto di sospendere l’efficacia della sentenza, rimandando tutto all’udienza del 3 febbraio.

Il tutto è possibile perché da due anni si agisce in regime di necessità ed urgenza in nome di un’emergenza che avrebbe potuto essere gestita diversamente se, negli anni precedenti, si fosse investito nella sanità pubblica abbandonando la mission per giungere a una sanità privata.

Ma, questo è ormai chiaro, necessitas non habet legem, sed ipsa sibi facit legem e questo è molto comodo.

Alessandra Giordano

Il decreto dei Magi e la logica delle Erinni: quella democrazia italiana che condanna i figli per le colpe dei padri

Neppure si presenta agli Italiani, il premier, ma affida ogni commento a Gaspare, Melchiorre, Baldassarre (Speranza, Bianchi, Brunetta). Baldassarre ha gli occhi vivi come non mai, si sente già reggente mentre pregusta l’ascesa dell’attuale premier al Colle per saltare sul trono.

-Decreto votato all’unanimità- chiosano alcuni.

-Momenti di tensione e fratture all’interno della Lega- dicono altri.

Ma il premier tiene banco e non si può certo pensare che paghi, come altri, i suoi “mi piace”! Quali armi possiede questa persona? Mistero.

Gaspare è teso, pallido, emaciato: il peso di una democrazia negata da due anni lo sta schiacciando e il naso è rosso per il prolungato utilizzo della FFP2, ne riconosco il segno.

Chissà se Draghi si è identificato nel mantra del suo amico Macron

Voglio far saltare i nervi dei No Vax.

Macron

Il decreto è scritto: ipse dixit.

E ancora c’è chi sostiene sia differente dalle leggi razziali del ’38: è diverso il punto di partenza, non la direzione d’arrivo.

Il decreto millanta un obbligo vaccinale over 50 a prescindere che si lavori o no. Di fatto però non si tratta di obbligo, poiché sussiste la pratica di obbligare a firmare il consenso informato, si tratta di estorsione.

State attenti, ve lo dico, se potete resistere resistete: finché dovete firmare il consenso informato non è obbligo!

Il Governo se n’è guardato bene anche questa volta e preferisce la condanna al confino alla legge che tutti i cittadini si sarebbero attesi: l’obbligo vaccinale.

Ribadisco, se potete. Se potete.

Dal 20 gennaio al 31 marzo non si potrà accedere al parrucchiere e all’estetista senza supergreenpass.

Conseguenza diretta: o queste categorie perdono clienti o cominceranno ad esercitare in casa delle clienti/untrici in nero.

Dal 1 febbraio al 31 marzo senza il supergreenpass non si potrà accedere a banche e servizi commerciali, negozi e centri commerciali, uffici pubblici, Comuni, Province, Regioni, Poste, Inps, Inail.

Pagheremo tutto dopo il 31 marzo e potrebbe essere conveniente ritirare un po’ di contante adesso visto che a breve saremo in mano al mercato nero.

Che cosa dicono i commercianti?

Accettano? Tacciono? Non si ribellano nell’anno in cui Amazon centuplicherà il fatturato? Nell’anno in cui finalmente multinazionali quali l’Associated British Foods metteranno le mani sulla decantata economia agroalimentare italiana?

Interessante, a questo proposito, la lettura di Tiziana Alterio e del suo Il dio vaccino. Forse io avrei scelto un titolo diverso poiché in realtà l’analisi è globale e andrebbe letta anche da coloro che concordano sulle misure sanitarie mentre, in questo modo, il testo arriva ad attirare un target ristretto di lettori.

La Alterio indaga, spiega, denuda, racconta una civiltà corrotta dal cancro del potere.

E il racconto di Tiziana ci aiuta a comprendere la follia di questo bulimico decretare del nostro Esecutivo.

Restano in vigore le misure più restrittive del precedente decreto: Green Pass rafforzato per mezzi pubblici, treni, hotel, palestre, eventi.

Misura che colpisce gli adolescenti figli dei No Vax:

Una società in cui i figli pagano le colpe dei padri è democratica?

Chiara Fasce, coordinatrice regionale della rete nazionale Scuola in Presenza

Una società simile ricorda la Grecia arcaica raccontata nelle tragedie o certe vendette della mafia nostrana!

Intanto dei disperati tentativi di proteggere la democrazia esistono: Forciniti del Gruppo Misto e Paragone di Italexit cercano di difendere la nostra Costituzione con lacrime, sudore, sangue e dolore.

Sul fronte civile si sta creando una società alternativa, fatta di passaparola, composta da gruppi di aiuto che agiscono ai margini del sole come guerriglieri privi d’armi e ricchi di umanità.

Cerchiamo di aiutarci, di coordinarci, di credere che se anche siamo destinati questa battaglia, non perderemo la guerra.

Cerchiamo di reagire, non attendiamo- in poltrona- la fine della Repubblica.

Alessandra Giordano

Oi àristoi: la kalokagathìa scolastica dei migliori

Lascio la parola, per quest’articolo, all’amica Cristina Tolmino poiché io mi sento, come chi abbia vomitato per lungo tempo, priva di energia.

Spazzata via dalla cattedra come me, lascio a lei ogni commento.

Rosa J. Pintus

Certo che in due anni ne abbiamo viste di tutti i colori, dalla Dad, portata avanti dai singoli docenti come uno sforzo individuale in preda all’emotività e all’ugenza, in  nome della causa e per il bene dei ragazzi, alla scuola sicura della ministra Azzolina, con i suoi banchi a rotelle che, rapportati al contesto odierno, fanno sorridere, alla scuola sicura del ministro Bianchi, con il suo certificato verde, dalla valenza meramente  divisiva e diversiva , il cui unico fine era distrarre l’opinione pubblica da tutte le inadempienze dei vari governi che si sono avvvicendati anche prima della pandemia, dai quali mai nulla è stato fatto per provare a risolvere i problemi storici del mondo della scuola che ormai vengono elencati come una litania: classi pollaio, mancanza di spazi, carenza di organico, mancanza di sistemi per il ricambio dell’aria , problema per il quale il ministro ha emanato disposizioni esilaranti, etc. 

Ora, come evoluzione del certificato verde, per ottenere la scuola sicura tanto agognata dal monistro Bianchi, si è imposta l’ennesima umiliazione a tutto il personale della scuola con l’obbligo vaccinale, da espletarsi fino alla terza dose. 

Fallimento del certificato verde

Dal monento che il certificato verde ha fallito fin dalle sua nascita come norma di prevenzione sanitaria poiché  il controllo e il monitoraggio delle possibili infezioni hanno coinvolto solamente i non vaccinati, essendo i vaccinati liberi di contagiarsi e contagiare senza sottoporsi a tampone, si è ben pensato di rendere la scuola più sicura facendo cadere l’illusione della prevenzione sanitaria per esibire un provvedimento di legge che istituzionalizzasse la persecuzione politica per coloro che ancora non si sono decisi a cedere al ricatto dell’inoculazione fozata dietro sottoscrizione dell’immancabile  consenso volontario estorto.   

La mancata sottomissione all’accettazione dell’obbligo comporta, per il docente ribelle, la sospensione dall’insegnamento fino al momento in cui non si sarà “redento”, o comunque per non meno di sei mesi. La sospensione, precisa il decreto, non ha carattere disciplinare (nel qual caso sarebbe prevista una sorta di indennità alimentare, che al docente ribelle non spetta, in palese contrasto con l’articolo 36 della Costituzione, ma ormai non ha neanche più senso evocare la Costituzione, che è stata violata e violentata con una barbarie inaudita) , prevede che al lavoratore sospeso non sia corrisposto emolumento alcuno, e prevede, almeno per ora, la conservazione del posto di lavoro. In pratica, non si percepisce lo stipendio per sei mesi, si perdono anzianità e contributi pensionistici, ma , per ora, non si rischia il licenziamento, ma, in assenza di stato di diritto, non è scontato neanche questo.

La “sospensione”

La procedura di sopensione è macchinosa e poco chiara nella sua esecuzione, ed è scaricata interamente sulle spalle dei Dirigenti Scolastici, molti dei quali avendo già applicato a malincuore il decreto sul Green pass, dovranno vestire obtorto collo i panni di novelli kapo del XXI secolo,  convocare i loro docenti, e dire loro uno per uno “Tu si”, “Tu no”, prendendosi la responsabilità di privare molte famiglie della loro fonte di sostentamento, oltre che della loro dignità. 

Aggiungo che il certificato verde è stato un requisito essenziale per lo svolgimento, anzi, l’erogazione del servizio in presenza, un vero e proprio lasciapassare, il possesso del quale permetteva o non permetteva l’accesso al posto di lavoro; diverso è il caso del vaccino, perché esso è requisito essenziale per svolgere la professione di lavoratore della scuola, non riguarda, cioè, un eventuale contatto con un eventuale pubblico, ma riguada, invece, l’essenza stessa dell’esercizio di una professione, come fosse equivalente a un titolo di studio, o al  superamento di un concorso.

 Il certificato verde riguardava l’esercizio di una professione, il vaccino riguarda la persona in quanto lavoratore, viene a far parte integrante dell’essenza stessa della professione di chi lavora nella scuola. Sono sottigliezze, ma importanti. Rifiutare il green pass significava rifiutare l’ipocrisia della finta sicurezza con cui si imponevano condizioni per l’esercizio della professione. Rifiutare il vaccino significa rifiutare un requisito imposto per essercitare le professioni legate al mondo  della scuola. 

Appurato dunque che la pericolosità sanitaria del docente non vaccinato e sottoposto a tampone ogni 48 ore è stata in questi tre mesi di scuola nulla, poiché il docente sottoposto per obbligo a tampone è stato l’unico a controllarsi, è d’uopo cercare di capire in cosa possa risiedere la sua pericolosità, quali siano le motivazioni che permettano di giustificare un provvedimento come la sospensione e l’umiliazione della mancanza di sostentamento.  

Il docente non vaccinato non viene sospeso per motivi sanitari o disciplinari ma per motivi politici, poiché rappresenta un pericolo ideologico, perché rappresenta il dissenso, la resistenza, il pensiero critico , e questo, nella scuola dei migliori, voluta dal governo dei migliori, va abbattuto.

La scuola , in quanto feudo governativo per eccellenza, non può permettersi il dissenso, non può lasciare che chi manifesta un pensiero diverso e dissonante con quello del main stream possa essere lasciato libero di vivere con dignità, lavorare e avere una vita decorosa, la scuola deve castigare, reprimere, essere forte con i deboli e punire quei quattro “sfigati” che ancora non si sono andati a fare la puntura salvifica e mai lo faranno, nonostante tutto. 

Del resto, già nella circolare ministeriale del 27 luglio, che ha preceduto il famigerato decreto con il quale si introduceva l’obbligo del possesso e dell’esibizione della tessera verde  per accedere ai locali scolastici,  il ministro Bianchi aveva sottolineato l’importanza del ruolo del docente come promotore della campagna vaccinale, invitando gli insegnanti a farsi carico di essere  il tramite fra i giovani e il vaccino, e ognuno ha partecipato alla campagna pubblicitaria a suo modo.

Perciò saremo eliminati dalla scuola, perché non c’è posto per noi nella “scuola dei migliori”, perchè rappresentiamo un pericolo non sanitario ma ideologico, saremo ridotti alla fame per non avere accettato non una norma di precauzione sanitaria ma un ricatto politico e questo deve essere ben chiaro e manifesto, come è manifesto che la nostra “cacciata” avverrà giorno 15 dicembre, e giorno 16 dicembre si darà inizio alle vaccinazioni pediatriche, e allontanare  i docenti dissidenti è un ottimo modo per togliere un potenziale interlocutore alle famiglie che nutrano dubbi sulla necessità di sottoporre i loro bambini alla sperimentazione del siero. 

La scuola “dei migliori”

Nella nuova scuola “dei migliori”, riformattata all’insegna della censura non c’è spazio per il contraddittorio, per il confronto, per la creazione di pensiero che scaturisca dalla dialettica tesi-antitesi.

La scuola si è trasformata da luogo dell’inclusione a luogo della discriminazione, senza eclusione di colpi, nessuno è risparmiato, i primi a essere colpiti siamo stati noi adulti, poi piano piano si è giunti ai ragazzi, esclusi anche da molte attività facenti parte della vita scolastica se non in possesso di tessera verde, e si arriverà ai bambini.

La scuola, luogo in cui si realizzano la formazione e l’educazione, si è schierata scegliendo la repressione , che è antitetica all’educazione, e con la repressione pretende di insegnare l’ubbidienza, profondamente differente dal rispetto della legge, ma soprattutto, avvalla e difende un concetto di “libertà” come privilegio, di “diritti” come concessioni che si rinnovano a scadenza sotto la pressione di un ricatto, che dovrebbe fare rabbirividire chiunque abbia la responsabilità di sedere dietro una cattedra.

Cristina Tolmino

Pierino e il Green Pass

Il green pass a scuola non è discriminatorio… Non è discriminatorio perché agli studenti, per ora, non viene richiesto , e dunque non è lesivo del diritto allo studio. Nessun provvedimento impedisce, per ora, l’accesso degli studenti ai locali scolastici.
E’ “solo” lesivo del diritto al lavoro, ma, d’altra parte, tutto il personale scolastico ha adempiuto al dovere morale della vaccinazione ben prima che fosse imposta la tessera verde, ed è “giusto” , in quanto stabilito
dalla legge, che coloro che non lo hanno fatto si vedano precluso l’accesso al posto di lavoro, dal momento che la scuola è ancella del regime e come tale deve eliminare dal proprio corpo le singole cellule che possano costituire una minima espressione di dissenso.
Gli insegnanti non allineati, in quanto dissidenti, si possono dunque colpire, umiliare, affamare, discriminare, ricattare, mentre gli studenti sono tutelati per quanto riguarda la libertà di scelta e la privacy, e nulla impedisce loro di usufruire del diritto alla formazione, nessun provvedimento
discriminatorio viene posto in essere per sottolineare la differenza tra vaccinati e non vaccinati e sembra tramontata , dal momento che non se ne sente più parlare, l’assurda ipotesi relativa alla creazione della “super app” che avrebbe individuato in maniera anonima la classe “all vax” nella quale si potesse
finalmente tornare a sorridere togliendo la mascherina, balenata dal ministro Bianchi durante il suo discorso inaugurale dell’anno scolastico.
Tralasciando gli sfottò tra compagni, in ragione dei quali la minoranza non vaccinata è definita , per usare un riassuntivo eufemismo, “sfigata”, e tralasciando il fatto che, a un mese dall’inizio della scuola, i genitori caldeggino che si riprenda a svolgere gite e uscite didattiche “lasciando a casa chi non ha il green pass”, con relative faide che incendiano le chat delle mamme, con buona pace dei coordinatori di classe, vorrei raccontare quanto successo in questi giorni a un mio studente, che per convenzione chiamerò Pierino.


La storia di Pierino


Pierino frequenta la classe quarta, non è ancora maggiorenne. Pierino è un buon ragazzo, ha recentemente subito un lutto molto grave e ha bisogno di essere incentivato e motivato nello studio, abbiamo rischiato che abbandonasse gli studi e vederlo a scuola dopo il brutto momento che ha passato sembra a tutti noi un miracolo. E’ un ragazzo intelligente e sensibile, ma discontinuo nello studio e “opportunista”, nel senso che studia solo quello che gli piace, come tanti alti studenti, e riesce comunque a prendere la sufficienza anche in quello che non gli piace, perché è sveglio e intelligente.
La scuola decide di mandare alcuni ragazzi al Salone dell’Orientamento, della sua classe vengono scelti Pierino e Alvaro. Sarà un’occasione per i ragazzi per sentirsi gratificati e responsabilizzati per il fatto di rappresentare la scuola in un’occasione così importante. Alvaro si è candidato come rappresentante di
istituto, non è un secchione ma sa il fatto suo, è spigliato, parla bene, farà sicuramente fare bella figura alla scuola, Pierino è un animale ferito, un gatto che non sa se fare le fusa o soffiare, per lui può essere un’opportunità di crescita, una distrazione, un diversivo ai suoi pensieri e al dolore che si porta sigillato nel cuore.

Dunque, da questa esperienza, ne trarranno beneficio entrambi. Pierino e Alvaro vengono avvisati che in un determinato giorno saranno presenti al Salone dell’Orientamento invece che a scuola, i ragazzi annotano, consegnano la manleva firmata dalle famiglie e si parte per questa avventura. Viene
pubblicata una circolare il giorno stesso, ma i ragazzi, si sa, non leggono le circolari il giorno stesso.
Arrivati all’ingresso del Salone dell’Orientamento, viene chiesta la tessera verde. Alvaro ce l’ha , Pierino non ce l’ha. Alvaro entra, Pierino viene mandato via.
A Pierino viene detto “Tu non puoi entrare”. Pierino ha perso un genitore quest’estate, Pierino voleva mollare la scuola e stiamo cercando di fare di tutto per motivarlo. Pierino è stato mandato al Salone per dargli l’opportunità di vivere una realtà diversa per qualche giorno, per farlo sentire utile, importante,
gratificato, per fargli tornare un po’ di voglia di studiare. Invece Pierino non può entrare. Gli viene detto che non può entrare. Pierino ha 17 anni e viene lasciato fuori dalla porta come un cane fuori dal supermercato.

A nessuno importa nulla di Pierino, delle sue emozioni, del suo mondo andato in frantumi e dell’ombra del lutto che grava su di lui con il peso di un macigno. Nessuno parla con Pierino, a nessuno interessa che Pierino sia stato lasciato fuori dalla porta, a nessuno interessa il suo mondo interiore, Pierino è semplicemente un numero, anzi, un numero senza qr-code, un vuoto a perdere, inutile e superfluo in questo nuovo mondo e in questa nuova normalità, sterilizzata, spersonalizzata, distanziata, greenpassata,
certificata…
Su quella circolare che Pierino non ha letto c’era scritto che per entrare sarebbe stato necessario il green pass, a Pierino non è neanche venuto in mente di controllare o chiedere, perché lui era convinto di svolgere un’attività equivalente alla scuola, dunque per lui andare al Salone era come andare a scuola.
E come Pierino è stato mandato via anche Ugo, di un’altra classe, per lo stesso motivo.
Pierino e Ugo, minorenni, non sono ammessi a svolgere un’attività che la scuola ha chiesto loro di svolgere, un impegno scolastico fuori sede del tutto equivalente a una mattinata a scuola.
Non so Ugo dove sia andato dopo essere stato cacciato, perché Ugo non è più un mio studente, ma Pierino, minorenne, quel giorno, non è tornato a scuola, e non è neanche andato a casa. Immagino sia rimasto in giro, da solo, a rimuginare con i suoi pensieri, immagino che sentirsi respinto non lo abbia
fatto stare bene , immagino che si sia sentito escluso, diverso dagli altri, discriminato, espulso da un mondo che non lo vuole, inadeguato, inadatto, non all’altezza degli altri.
Il giorno dopo, i professori “bravi” lo hanno rimproverato per non avere letto la circolare, e lo hanno ammonito per il fatto di non essersi ancora messo in condizione di avere il green pass, che senza di quello non potrà fare niente e dunque lo fanno sentire in difetto, rinforzando in lui la necessità di sottostare al
ricatto come conditio sine qua non per poter essere accettato dall’universo scuola.
Pierino è uno spirito libero, non accetterà mai una condizione imposta da quel mondo degli adulti che disprezza e che guarda come fossero alieni, forse comincerà a prendere in mano quella Costituzione che i ragazzi dicono di non avere tempo di leggere e comprenderà quanto quel pezzo di carta ferito, bistrattato e violentato sia necessario per continuare a vivere e sia un nostro dovere difenderla.
I professori “cattivi”, invece, hanno detto che , almeno per i ragazzi, dovrebbe essere la Scuola , o comunque lo Stato a pagare i tamponi agli studenti quando si preveda di far loro svolgere attività esterne ove sia richiesta l’infame tessera verde.
Ai professori “cattivi” è stato obiettato da quei professori “bravi” che considerano eroi i ragazzi che svengono sul banco o dormono perché hanno la febbre alta dopo aver fatto il vaccino il giorno stesso, che, “con tutti i problemi che ci sono, figuriamoci se la Scuola, o lo Stato, devono anche pagare i tamponi agli studenti, che vadano a vaccinarsi o smettano di venire a scuola che ci fanno un favore…”
Ma il green pass, a scuola, non è discriminatorio, soprattutto per gli studenti.

Cristina Tolmino

Come un funambolo su un filo

Rientrare a scuola o farsi sospendere? 

L’anno scolastico è iniziato, come molti altri docenti sono entrata in sevizio piegandomi al ricatto del tampone, grazie al quale, dietro corresponsione di una somma di denaro, si può acquistare, nella nostra Repubblica democratica fondata sul ricatto,  un diritto temporaneo al lavoro della durata di 48 ore. 

Una decisione sofferta. 

E’ stata una decisione sofferta. Durante l’estate, fatta di tensioni, dubbi, paure, lacerazioni interiori e rotture di rapporti di amicizia più o meno consolidati nel  tempo, avevo deciso di farmi sospendere dal servizio fino al 31 dicembre, data in cui dovrebbero (forse)  terminare lo stato di emergenza, e di conseguenza, l’imposizione della tessera verde,  per evitare discriminazioni, recriminazioni, battutine, offese più o meno esplicite, che sarebbero state la logica evoluzione dell’atmosfera che ha   caratterizzato l’ambiente lavorativo nel quale ho vissuto da quando è stata aperta la stagione del siero e  la maggioranza dei docenti, ubbidienti servitori delle istituzioni, si è precipitata in massa a offrirsi come cavia per mettersi al sicuro dalla pandemia, per  ottemperare a una richiesta dello stato,  per poter guadagnare una posizione di superiorità nella gerarchia sociale, trascinata in un rituale collettivo più simile a un pellegrinaggio verso un luogo santo con tanto di concessione dell’indulgenza plenaria che  ad una profilassi sanitaria. 

Alla fine, consapevole di rientrare in un ambiente ostile che si sarebbe fatto ancora più ostile con il trascorrere del tempo, sono rientrata al lavoro con il mio primo lasciapassare governativo, acquistato al prezzo di 15 euro, e stampato, per l’occasione, a colori. 

Difendere il diritto al lavoro e cercare il dialogo 

Sono rientrata a scuola fieramente convinta di dovere difendere il mio diritto al lavoro, convinta di avere il diritto di non essere chiusa in casa come un sorcio, come propagandato dalle viro star e dai politicanti impegnati come testimonial della  campagna di istigazione all’odio sociale che ci ha tenuto compagnia durante questi mesi e che non accenna a terminare.

Sono rientrata quasi contenta di poter esibire il mio tampone negativo, grazie al quale avrei potuto sostenere di non rappresentare un pericolo per nessuno, dal momento che nessuno avrebbe potuto pensare di essere contagiato da me, poiché il mio lasciapassare temporaneo è un certificato, emesso dallo Stato, che mi garantisce di essere “sana”, e dunque, con la mia presenza, avrei potuto spezzare l’equivalenza, sostenuta dai media e dalle persone che di questi si nutrono compulsivamente, che una persona non sottoposta al trattamento del siero sia per antonomasia malata e dunque contagiosa.

Essendo il mio accesso a scuola regolamentato da  ripetuti e reiterati tamponi negativi, nessuno avrebbe potuto offendermi o trattarmi come una lebbrosa, come accadeva questa primavera, e a chi mi avrebbe incalzata dicendomi che avrei potuto essere io a contagiarmi (in questo caso, da loro vaccinati, dal momento che tutti i non vaccinati entrano al lavoro con il tampone negativo, ma questo non si può dire…) avrei risposto che le cure domiciliari ci sono, che esistono, che ci sono medici scrupolosi che prescrivono queste cure e non lasciano morire le persone in compagnia di “tachipirina e vigile attesa”, secondo quanto prevede invece il protocollo governativo, e che comunque sarebbe un problema mio , e non loro, con tutte le considerazioni retoriche del caso.  

Sono rientrata convinta di poter aprire un dialogo con le persone che si sono sottoposte al siero,  convinta di poter dimostrare loro che possiamo sederci l’uno accanto all’altro senza che abbiano paura di essere automaticamente infettati per il solo fatto di trovarci all’interno della stessa stanza, 

sono rientrata convinta di poter aprire un contraddittorio costruttivo con le persone che si sono trincerate dietro il pensiero unico senza porsi domande , pensando di poterle aiutare a riflettere sul fatto che la tessera verde è divisiva, distrattiva e illegittima, perché illegittimo è ledere il diritto allo studio e al lavoro,  riducendolo a una sorta di compravendita, per la quale lo si riacquista per un anno se si accetta di cedere la sovranità su proprio corpo allo Stato, oppure per 48 ore , pagando per poter esibire un certificato che dimostri di essere sani, in totale assenza di misure di reale prevenzione , che erano assenti già prima della pandemia. 

I problemi della scuola (to be continued) 

Per quanto riguarda la scuola, infatti, ci troviamo con gli storici problemi irrisolti, che sono rimasti tali, quali la carenza di organico, le classi pollaio, la mancanza di sistemi di ricambio dell’aria diversi dalla finestra aperta, la deroga al distanziamento se non ci sono le condizioni logistiche affinché questo possa essere mantenuto… ma ne scriverò in un’altra occasione, poiché l’argomento è “succulento” e merita di essere trattato in maniera monografica. 

Tessera verde e caccia alle streghe 

La tessera verde, dunque, si configura come un velo, una coperta, un travestimento, con il quale, in nome di una efficacia sanitaria che è stata negata persino dai più autorevoli virologi di regime, si occultano ben altre scottanti problematiche, dalle quali si distoglie l’attenzione con il miraggio della caccia all’untore, ufficialmente formalizzata , partecipando alla quale ognuno può sentirsi parte attiva in questo inarrestabile e progressivo imbarbarimento dei costumi che tutto travolge, triturando e distruggendo qualsiasi voce di dissenso, individuando di volta in volta un colpevole su cui riversare la colpa di ciò che non funziona, e che pertanto deve essere “bruciato”, al pari di quanto si faceva con le streghe durante il medioevo, offrendolo al popolo come capro espiatorio.

Rientrare e resistere 

Dunque la mia convinzione era quella di rientrare, rientrare è stata una dimostrazione di resistenza, e la resistenza l’avrei costruita giorno per giorno con il dialogo, con il contraddittorio costruttivo, con lo sconto e l’incontro, come fosse una missione. 

Siamo rientrati in tanti. Tanti si sono chiamati fuori e si sono fatti sospendere, rinunciando a lottare, e non li biasimo. A modo loro, combattono, denunciando, con la loro assenza, l’ingiustizia del sistema. Hanno creato un vuoto, materiale e emotivo, e hanno sigillato la loro scelta con il distacco, il silenzio, più eloquente di mille discorsi, ma le cattedre da loro lasciate vuote sono già state riempite da supplenti diligenti e vaccinati, e ai ragazzi sarà stato detto che i loro insegnanti non possono più insegnare perché sono “contro il sistema”, “contro la legge”, senza spiegare loro che rinunciare al posto di lavoro a causa di una legge ingiusta è stato un enorme  sacrificio e non un capriccio. 

Alcuni di noi che siamo rientrati combattono, giorno dopo giorno, fronteggiano i pregiudizi, sapendo di essere comunque giudicati negativamente nonostante l’impegno profuso nel lavoro sia lo stesso di sempre, ma la realtà con cui interagiamo non è disposta a perdonarci questa sorta di peccato originale, questa incomprensibile macchia nell’animo che spinge comunque gli altri alla diffidenza, in virtù del fatto che i docenti debbano comunque ubbidire all’autorità, non devono avere dubbi, non devono porsi domande, non devono avere pensiero critico, non devono documentarsi cercando fonti alternative alla televisione e alla stampa istituzionalizzata, dimostrando con questo atteggiamento di essersi conformati alla nuova figura del docente che si è delineata negli ultimi 10-15 anni , che non è più quella della guida alla formazione del pensiero critico attraverso lo studio e l’analisi delle fonti, ma quella del puro trasmettitore di contenuti, coniugata alla mera funzione di certificatore di competenze e, all’occorrenza, di impiegato di diplomificio. In questo senso la pandemia ha trovato la sua platea ideale, che  plaude ogni sviluppo della deriva liberticida che, in nome della presunta sicurezza sanitaria,  si è innescata.

Alcuni di noi che siamo rientrati hanno invece scelto di adottare un basso profilo, come se nulla fosse, entrando con il lasciapassare da tampone senza dare nell’occhio, sperando che le farmacie trasmettano al sistema i propri dati sempre nei tempi giusti, in modo da non rischiare di fare suonare allarmi in ingresso ed essere allontanati dalle collaboratrici scolastiche per l’occasione insignite del ruolo di kapo, in attesa che questa distopia possa terminare e sopportando in silenzio per evitare, appunto, discorsi, discussioni, intimidazioni, coinvolgimenti emotivi non necessari e inutile dispendio di energie. A modo loro, combattono, rinunciando a esporsi, e non li biasimo, perché, a modo loro, si difendono, si autotutelano, proteggendosi da ulteriore sofferenza. 

E i ragazzi?

A differenza degli adulti, i ragazzi non giudicano. Ai ragazzi ho detto subito di non essere vaccinata, perché me lo hanno chiesto, anche se non sarei stata tenuta a farlo, e ho spiegato loro che, entrando con il tampone negativo, non costituisco un pericolo per nessuno, ma che dobbiamo, comunque, rispettare le distanze, utilizzare le mascherine, aprire le finestre. 

I ragazzi non giudicano. Mi hanno detto che dal momento che io sono “vecchia” (e hanno ragione), per me è più facile rinunciare agli amici, al gruppo, al divertimento, al cinema, al teatro, alla pizza, al Mac Donald, al parco tematico, alla vacanza, allo sport… e che per loro, invece, sarebbe stato impossibile continuare a rinunciare, perché da giovani non si può rinunciare a tutto e non avevano alta scelta.

I ragazzi hanno introiettato un sistema di regole scolastiche  secondo il quale non esistono punizioni o conseguenze negative del loro agire, perché vengono comunque “mandati avanti”, magari con il “peccato” del “debito” da sanare, che è un fastidio, un male necessario per procedere nell’avanzamento degli anni scolastici, un compromesso, una piccola cessione di tempo ed energie in virtù della quale si accetta di frequentare un corso di recupero e di sostenere una prova che ne attesti l’esito positivo in cambio dell’ammissione all’anno scolastico successivo.

Nulla che assomigli a una lotta, a una sfida, a uno stimolo forte per “andare avanti” invece di “essere mandati avanti”.

Nulla che spinga a “rimboccarsi le maniche” e a conquistarsi l’accesso alla classe successiva, ma piuttosto un  piccolo ricatto, spacciato come sistema per progredire negli studi.  

E’ stato un ricatto anche l’estensione del vaccino ai ragazzi, i quali, per la forma mentis che il sistema ha sapientemente inculcato loro negli anni, lo hanno accettato come se fosse normale, e non hanno neanche  percepito fosse un ricatto.

Non hanno chiesto nulla, non hanno letto nulla , non si sono documentati, non hanno approfondito.

Per loro il “green pass” è una tessera per entrare nei locali, la maggior parte di loro ignora l’esistenza della Costituzione, anche se l’anno scorso hanno avuto la sufficienza nella valutazione di educazione civica, anzi, qualcuno mi ha anche confidato che “la Costituzione non gli interessa perché è roba da vecchi” e che loro “non hanno tempo per leggerla”, e non posso fare a meno di pensare che questo è il normale risultato della decadenza del sistema scolastico a cui accennavo prima, dal quale è stato bandita la formazione del pensiero critico, per cui abbiamo, magari, ragazzi bravissimi a ripetere la lezione o a fare calcoli, ma carenti nella formulazione di connessioni tra vari contenuti e incapaci di svolgere, ad esempio, una ricerca e una comparazione  di fonti documentarie. 

Qualcuno, anche tra loro, ha resistito. Lo so, perché lo leggo dagli sguardi tristi e profondi che emergono da quei visi nascosti dalle mascherine, perché per loro fronteggiare il biasimo del gregge è assai peggio di quanto lo sia per noi, e immagino si sentano in pericolo, in balia della precarietà assoluta, colpevoli di non avere il marchio di omologazione esattamente come noi adulti.

Con la differenza che loro sono piccoli, e dovrebbero essere “protetti”, e non violentati  dai media, dalla campagna di istigazione all’odio, dalle minacce che fa il  regime, dalle accuse di colpevolezza di generare contagi, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7. 

Il concetto di “libertà”

 In quest’ottica mi sforzo di comprendere chi ha confessato di avere scelto la via del siero “per essere liberi”, perché la “libertà” non è la libertà dal contagio ma piuttosto dalle misure repressive che lo Stato mette in atto per tutti i cittadini sani che rifiutino di cedergli la sovranità sul proprio corpo e vogliano  disporre della libertà di scelta, tutelata dalla Costituzione, ormai ridotta a carta straccia anche se formalmente ancora in uso,  di poter rifiutare un trattamento sanitario la cui imposizione va a ledere la dignità del singolo, implicando il rischio di effetti avversi dei quali non è questa la sede opportuna  per parlare.

Umanità celata e umanità occulta

Abito vicino alla scuola in cui presto servizio, e mi reco abitualmente al lavoro facendo una passeggiata. Sono fortunata, lo so, non devo servirmi dei mezzi pubblici, a differenza di come ho fatto per molti anni. Passeggio in mezzo agli alberi, osservo i colori intorno a me e respiro. Sorrido. Respiro e cerco di non pensare a nulla. In prossimità del portone dell’istituto scolastico indosso la mascherina, mi imbavaglio, per tutta la mattina rinuncio a respirare e a sorridere, ma poco importa, ormai ho imparato a spiegare in apnea, quando faccio tante ore al pomeriggio ho sempre mal di testa e un po’ di tachicardia  ma magari è un caso,  il rossetto non lo mettevo neanche prima ma mi sento mutilata senza il mio e l’altrui sorriso, mi sembra che sia una pena suppletiva, una riduzione delle emozioni e dei coinvolgimenti emotivi;  dei miei studenti nuovi conosco mezza faccia , fuori dalla scuola non li riconoscerei e probabilmente non avemmo nulla da dirci e neppure motivi per salutarci, visto che il contatto umano è forzatamente limitato e si parla poco oltre il necessario. Fa soffrire, ma si sopporta. 

Prima di varcare la soglia del portone estraggo dalla borsa il mio “green pass” cartaceo, in modo da non doverlo cercare una volta dentro, anche se fuori piove e mi bagno voglio entrare con la tessera verde in mano, in modo da espletare velocemente il riconoscimento presso il totem e andare in classe. Se impiego qualche manciata di secondi in più a cercarlo dopo aver varcato la soglia, inevitabilmente qualcuno mi deriderà dicendomi “l’hai dimenticato in farmacia oggi?”… “eh certo, noi vaccinati abbiamo una marcia in più perché ce l’abbiamo sul telefonino”…. “beh, però il naso ancora ce l’hai intero, non si vede che fai i tamponi” e altre amenità del genere, a volte ho voglia di rispondere con il sorriso e iniziare un discorso, a volte no, dopo un mese e mezzo di scuola ne ho sempre meno voglia perché mi sembra di essere un disco rotto, che suona per un pubblico con i tappi di cera nelle orecchie, che non si accorge di averli.  

Il totem mi riconosce. Lo schermo si illumina. Appaiono il mio nome e cognome e la vocina metallica mi dice “Buongiorno”. 

E io sono grata al totem perché l’unico barlume di “umanità”, in un contesto di spettri “mascherinati” e per i quali il green pass acquisisce valore di  titolo superiore a laurea e abilitazioni, mi viene dato da una macchina, alla quale nulla importa se sono vaccinata o tamponata, lei fa ciò per cui è stata programmata , democraticamente e senza cattiveria o pregiudizi, e, in questo, la macchina è preferibile agli umani. 

Cristina Tolmino

Fronte del porto

Non c’è Terry Malloy a Trieste, né a Genova, né ad Ancona: sarebbe stato comodo cedere al compromesso, alla corruzione, alla protezione di un Governo che avrebbe addirittura offerto tamponi gratis ai portuali pur di non fermare la produzione.

Forte e chiara la denuncia di Stefano Puzzer che suona, nella sostanza, in questo modo:

dentro si lavora senza alcun controllo, fanno finta di non vedere ma noi non ci accontentiamo dell’inganno.

Samer nega:

Dallo scorso 15 ottobre all’ingresso di tutti gli uffici – nelle sedi di piazza dell’Unità d’Italia, Interporto di Fernetti e Terminal Portuale di Riva Traiana – una guardia giurata controlla il green pass di dipendenti, fornitori e visitatori.

Samer

E chi tra i due possa aver ragione è per noi evidente ma lasciamo ai posteri l’ardua sentenza.

Ciò che conta è ben altro, i porti sono diventati i luoghi in cui si difende la Costituzione: una, sola e antifascista.

E i portuali, gli insegnanti, le madri, gli studenti per questo combattono: per evitare la deriva totalitaria.

La gente però non se ne accorge, ritiene fascisti coloro che dissentono e si ribellano perché

Tutti i fatti possono essere cambiati e tutte le menzogne rese vere in modo che la realtà sia solo un agglomerato di eventi in continuo mutamento e di slogan in cui una cosa può essere vera oggi e falsa domani. E ciò in cui ci si imbatte non è tanto l’indottrinamento quanto l’incapacità di vedere i fatti.

Hannah Arendt

Le parole della filosofa vittima del Nazismo sono un severo monito e, ormai, una conferma, di quanto sta accadendo in Italia, un’Italia-al pari della Grecia-ridotta a feudo di potentati economici e massoni senza scrupoli.

Il modus operandi del nostro Esecutivo lascia esterrefatti per la naturalezza con cui cambia le evidenze oggettive: da un lato la connivenza con forze chiaramente eversive, dall’altro la fredda indifferenza con cui il Ministro Lamorgese ordina alla Polizia di attaccare inermi manifestanti con gli idranti e i lacrimogeni.

Dura la condanna della Cub:

Si usa la minaccia fascista per colpire i diritti dei lavoratori. Che le cariche contro i picchetti dei lavoratori fossero già predeterminate lo si è visto quando gli agenti sono arrivati in tenuta antisommossa. Il Governo Draghi pensa di affrontare così le giuste richieste dei lavoratori?

M. Amendola, segretario nazionale della Cub

Alla violenza di questa notte cupa della democrazia gli studenti rispondono con la piazza, con i canti, con la danza.

Studentesse della secondaria di secondo grado danzano in risposta alle restrizioni a cui sono soggette.

“Danziamo perché la Piazza non è violenza, perché abbiamo subito troppo e perché la situazione sta peggiorando” affermano dopo la performance.

Non capiscono loro, studentesse del biennio, come sia possibile dover conoscere la Costituzione a scuola e vederla disattesa nella realtà. Tante le domande, tante le analogie con i periodi studiati e la risposta è agghiacciante:

Le origini del totalitarismo: cinque frasi dal libro di Hannah Arendt

il totalitarismo attinge proprio alla stupidità, alla convinzione cieca di agire per conto di uno Stato che ci ama e ci protegge.

Incredulo, Gianluigi Paragone di Italexit osserva:

“Hanno dovuto mettere insieme il Governo dei migliori con le larghe intese, per azionare gli idranti nei confronti dei lavoratori. Guardate dove siamo arrivati!”

Il senatore Gianluigi Paragone

Non tutti i cittadini ci stanno quindi, non quelli che si rifiutano di divenire sudditi di mostri finanziari che agiscono soltanto per il proprio Bene, mostri che, se pur non hanno un volto, hanno un nome:

Vanguard, Black Rock e State Street . Lo spiega bene Tiziana Alterio nel suo libro: queste forze sono l’arché del nuovo mondo green desiderato dai governi occidentali tutti e di cui Italia e Francia sono le apripista.

Ma la macchina del fango è già in azione: come si è cercato di colpire la Schilirò, ora si cerca di delegittimare Puzzer, accusato di essere un ex sindacalista (quasi fosse un reato)!

Stefano Puzzer è la testimonianza vivente che il popolo non combatte contro il vaccino ma contro l’assurda ingiustizia della tessera verde, la prova? Il portuale è vaccinato!

Tra i ribelli, quelli che forse un giorno ricorderemo come partigiani se tutto andrà bene o come nemici dello Stato se tutto andrà male, non c’è la Cgil che è passata nell’esercito dei padroni, non c’è Leu che dovrebbe difendere i lavoratori ma la Cub, Italexit, i comitati dei cittadini e un’ambigua Giorgia Meloni che, se da un lato dà speranza al popolo No Green Pass, dall’altro sorride a un Salvini ancora più ambiguo.

E che dicono i fascisti? Quelli veri e non violenti? Guardano attoniti la vittoria di un liberismo che nel ’45 aveva il volto sorridente dei soldati americani e il sapore di una cioccolata che ci avrebbe resi schiavi nel volgere di qualche decennio. Con pazienza, con fermezza il ragno neoliberista ha tessuto la sua tela.

La politica, quella vera, si fa in agorà: la piazza ateniese, luogo in cui la democrazia mosse i primi passi, è la zona di luce che preoccupa il governucolo del banchiere. Per questo la piazza va fermata e recisa, che spina nel fianco quegli intellettuali che producono pensiero, che svegliano dall’ipnosi, che raccontano la Storia!

Il professor Becchi

Che rabbia quelle professoresse che resistono!

La professoressa Alessandra Giordano

Quei sanitari sospesi che continuano a insinuare dubbi.

Silvia, la famosa farmacista dissidente invitata a parlare da Alessia, studentessa di Scienze Politiche che ha passato i primi due anni in Dad e che, senza Green Pass, non può accedere alle lezioni.

Ma soprattutto che rabbia questi portuali che non si piegano e che rischiano di sovvertire l’ordine costituito e che, da Trieste in giù, hanno intenzione di non mollare mai!

Blocco portuali | Trieste chiama e Genova risponde | Video

Rosa J.Pintus

Di tutta l’erba un Fascio? L’attacco alla Cgil come scusa per bloccare le piazze

Di una cosa certamente si è reso conto il nostro Esecutivo: i cittadini non sono sudditi.

E quindi?

Vanno fermati.

A vent’anni dagli scandali del G8 di Genova la Storia si ripete ma l’italico popolo dei “sì drags” non vede, non sente, non parla.

Le dinamiche dei Black Block di ieri sono le stesse dell’attacco alla Cgil di oggi .

E magari la Cgil neppure lo sa.

Del resto Hegel ci aveva avvertiti:

Ma ciò che insegnano l’ esperienza e la Storia è che i popoli e i governi non hanno mai imparato nulla dalla Storia.

G.W.F. Hegel

O forse i popoli non hanno imparato ma i governi han ben appreso ogni arte.

Per quanto riguarda la percezione, a Hegel mancava un tassello: la variante fondamentale (e non mi riferisco a quella del virus): ai tempi del G8 al Governo c’erano i cattivi, la Destra considerata Fascista, senza offesa per Berlusconi e per i Fascisti che non credo si riconoscano nello stesso schieramento.

L’ordinata manifestazione di Genova

Ora invece governano i bravi, i puri di cuore, coloro che pongono l’interesse collettivo al di sopra dell’individuo (o l’interesse economico di pochi conta più del popolo?).

Governa la Sinistra e tutti sono liberi e uguali, non vi siete accorti delle verdi aureole che distinguono i bravi cittadini dai reietti?

La Sinistra, brava e magnanima, rende liberi e uguali tutti: donne, diversamente abili, omosessuali, transessuali, eterosessuali con tendenze omosessuali, omosessuali con tendenze eterosessuali, neri, bianchi, gialli e robot.

Tutti uguali se in possesso di green pass.

Le donne, i diversamente abili, gli omosessuali, i transessuali, gli eterosessuali con tendenze omosessuali, gli omosessuali con tendenze eterosessuali, i neri, i bianchi, i gialli e i robot privi di green pass stanno peggio di prima perché oltre alle discriminazioni patiscono la fame.

La Sinistra però lo fa per il nostro bene, ci mancherebbe! E in piazza ci vanno i bimbi capricciosi che non vogliono la medicina amara. Il fatto è che, tra questi bimbi capricciosi, molti appartengono al Partito Comunista, a Potere al Popolo, ai Centri Sociali.

Com’è possibile? Una nuova Scissione di Livorno?

No. Semplicemente la sinistra governativa, stregata dall’immanenza di un Draghi-Dar Fener e dall’imminenza di una consacrazione al potere priva di elezioni, ha abbracciato pienamente il pensiero di Kissinger:

L’illegale lo facciamo subito. Per l’anticostituzionale ci vuole un pochino di più.

H. Kissinger

Idea questa che piace e compiace il Governo dei Migliori.

Le piazze però irritano: sono tante, troppe e disciplinate.

In più la polizia è divisa e tra un po’ ci fa un 1917! Allora ecco riesumato l’antico grido: “In piazza ci sono i fascisti!”.

E quali sono questi fascisti?

Molti giornalisti, che non si possono sporcare le mani a intervistare il vero Fascio, quello repubblichino, dichiarano che i fascisti sono in un unico modo e che pure Gianluigi Paragone è fascista.

Ma non lo è, è sovranista nei confronti dei fasci finanziari europei ( ma pur sempre meno sovranista dell’attuale esecutivo che ritiene il Paese un feudo).

Paragone è risorgimentale, non fascista.

Allora sono fascistiforzanuovacasapound!

Già, loro lo sono e ne vanno orgogliosi ma anche tra loro ci sono delle differenze e Casa Pound a Roma, per esempio, non c’era.

Lo so perché io conosco Casa Pound, conosco Pessot, conosco Plinio. Li conosco perché sono una delle poche compagne che ha accettato di presentare i loro libri come controparte socialista.

Anche se il socialismo l’ho abbandonato lapidata dagli insulti dei compagni e raccolta da terra da Italexit .

Tra Casa Pound e Forza Nuova ci sono delle differenze, una delle prime è evidente: alle adunanze di Casa Pound c’è sempre la Digos, quella stessa Digos che mette infiltrati tra le file di Forza Nuova!

Inoltre, pochi lo sanno, Forza Nuova è un movimento di ispirazione cattolico-tradizionalista, Casa Pound prende invece energia dai Figli del Sole, è quindi un movimento più vicino all’anarchia fiumana che al neonazismo.

Sempre ammesso che l’attacco sia di FN, i video su telegram narrano una regia differente.

Esattamente come i video del G8.

Esattamente come il poliziotto che mi dava della puttana comunistra mentre gli infiltrati bruciavano auto e bidoni a Genova.

Ma forse sono vecchia e ricordo poco: ricordavo persino dei no global ma forse li ho sognati.

L’impressione è che quanto accaduto a Roma sia da inserirsi non solo nella delegittimazione dei no green pass ma anche nella lotta agli ultimi voti della capitale: Fdl e Lega, che da sempre hanno rapporti con le destre extraparlamentari, verranno additati come amanti dei fascisti e Gualtieri trionferà sotto la benedizione dell’Esecutivo.

Il quarto stato

E che la Cgil fosse la preda più facile: lo stesso Giuseppe Pellizza da Volpedo, si sta ribaltando nella tomba nel vedersi appeso nelle sue sedi.

Rosa Johanna Pintus