Operazione Pandora: Greta, giallo distopico

Greta lavora in un locale notturno…giallo distopico di Rosa Johanna Pintus

Greta li vide mentre Katia le sistemava sulla schiena la cerniera del tubino magenta:

<<Ormai sono sempre qui, qualcuno è innamorato di te.>>

<<O di te, Katia, che balli divinamente.>>

<<Non credo, sono troppo fini per il mio genere.>>

Greta cercò di non ridere, si stava facendo il contorno labbra ed era già in ansia per l’operazione più difficile: le ciglia finte.

<<Katia, ti prego! Non farmi ridere mentre mi trucco, è sleale!>>

<<Lascia stare tesoro! Te le sistemo io. Ma che problema hai con le ciglia?>>

<<Che se mi tolgo gli occhiali non vedo l’attaccatura!>>

<<Non ho mai capito come tu riesca a incantare il pubblico con sguardi ardenti senza vedere nulla!>>

<<Non sono miope, sono astigmatica.>>

<<Dai, andiamo.>>

Dei tre uomini entrati nel locale, pensò Greta, il capo doveva essere quello a sinistra, il più panciuto, con i peli che lottavano per spuntare dai gemelli; portava la fede ma pareva interessato alle avventure, un piccolo vezzo che probabilmente gli era concesso da una moglie già abbastanza soddisfatta dalla posizione economica. Gli altri due erano più giovani di una decina d’anni: quello coi capelli neri, ben rasati ma non eccessivamente corti, aveva un sorriso da squalo mentre l’altro, il biondo, si atteggiava a bel tenebroso con il ciuffo mosso che gli cadeva sugli occhi e l’abbigliamento alla Dick Tracy.

L’uomo dei gemelli estrasse alcuni fogli dalla ventiquattrore e i tre cominciarono a confabulare in maniera concitata; Greta non riusciva a capire se appartenessero al mondo dell’alta finanza o a quello della politica, li temeva per istinto ma se li ritrovava lì ogni sera.

Il padrone la chiamò:

<<Ascolta, Greta, mi hanno chiesto di te.>>

<<Chi?>>

<<Quei tre; portagli un po’ da bere.>>

<<Io non faccio la cameriera, io canto!>>

<<Professoressa, se vuoi mantenere il posto, fai come ti dico perché quelli sono del Ministero e io non voglio casini!>>

<<Di quale ministero?>>

<<Del MILP!>>

Greta non commentò, il MILP era il ministero dell’impiego e del lavoro, braccio destro del Governo della Trasparenza e aveva il potere di innalzarti o ridurti allo stato di paria.

La donna non poteva rinunciare a quel lavoro, le serviva per arrotondare lo stipendio e per poter aiutare suo figlio; il ragazzo, pur senza una figura maschile, era cresciuto con sani principi e, come lei, aveva dimostrato fin da piccolo una forte passione per la musica. Ora, a vent’anni, veniva chiamato a suonare il sax nelle più famose località turistiche, complice del suo successo erano quella chioma saracena e quegli occhi verdi che parevano stregare il mondo. Questi viaggi erano però incompatibili con lo stipendio di Greta, insegnante di musica presso una scuola media, e con lo stipendio del figlio perché un conto è essere famosi, un conto e essere ricchi; così lei aveva continuato a cantare e a farsi pagare in nero da Oscar, padrone del locale.

Nei momenti di sconforto ripercorreva le tappe della sua vita: ragazza- madre con un figlio mulatto in un Paese razzista.

Concepito in un villaggio turistico quando lei aveva diciassette anni, Malù era figlio di un cameriere nigeriano che Greta aveva amato follemente; dopo l’estate i due non si erano più visti perché Samson, non riuscendo ad ottenere il permesso di soggiorno, aveva chiesto asilo politico in un altro Stato.

Greta aveva comunque deciso di tenere il bambino e di utilizzare in modo più commerciale il proprio corpo perché, finché si dà del proprio, tutto è lecito.

Con gli anni la sua vita aveva preso una piega migliore: era riuscita a laurearsi e a superare il concorso per l’insegnamento ma lo stipendio le consentiva di vivacchiare, non di vivere.

Portò i cocktail al tavolo e il biondo le posò subito la mano sulla gamba. Greta si irrigidì ma quello, come se il suo ardire fosse legittimo, le chiese:

<<Cosa mi canti stasera, Greta?>> e la mano salì ad accarezzarle i fianchi.

<<E’ una sorpresa, signore. Se mi lascia, posso andare a prepararmi.>>

<<Ci vediamo dopo,cara.>>

Greta gli sorrise, turbata e infelice.

<<Una bella bambola, non c’è che dire;>> disse l’uomo grasso <<ma credo che ti darà picche.>>

<<Forse stasera sì; tuttavia saprò convincere Oscar in modo adeguato.>>.

<<Lavoriamo ragazzi! La fase uno è conclusa e qui ci sono i nomi dei concorrenti passati: 9000 e ne devono restare 2370 per il settore educativo e 1000 per la Sanità. Idee? Commenti?>>.

Il biondo si tolse gli occhiali da miope e guardò il capo: <<Se togli i posti già assegnati, ne devono restare cinquecento: duecento per la Scuola e trecento per la Sanità.>>

<<E’ vero, Louis; 500. Ma quali?>>

<<Rudolph, hai fatto un ottimo lavoro con quei social, li possiamo osservare da vicino e decidere con calma; basta dare prove abbastanza generiche che possano essere svolte da tutti.>>

<<Bisogna essere scaltri>> disse Louis, il biondo, <<sono persone preparate, se sbagliamo qualcosa se ne accorgono.>>

<<Non mi dire che temi quattro inermi professori! Se anche se ne accorgessero, cosa potrebbero fare?>>

<<Per un aumento stipendiale? Qualsiasi cosa!>>.

Greta cominciò a cantare con quella sua voce morbida e sensuale:

<<Southern trees bear strange fruit
Blood on the leaves and blood at the root >>

<<Assolutamente fantastica>> disse Rudolph <<corpo e voce sono un unicum, vecchio mio!>>.

<<Il jazz è poesia; quella donna poi m’incuriosisce: sembra così sola, così fragile!>>

<<Fragile? Te la immagini così? Quanto sei lontano, amico mio!>> disse l’uomo grasso.

<<Perché? La conosci?>>

<<Se non erro, quella è Greta Hembert, l’insegnante di mio nipote.>>

<<E che ci fa qui?>>

<<Cerca di vivere. Come fanno molti altri.>>

continua…

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