Penso alla vicenda della lettera di Firenze, scritta da Annalisa Savino con intento educativo; considero la reazione del ministro Valditara che scandalizza i più . Mi sorprende lo scalpore che suscita la risposta del ministro, mi fa sorridere. Non lo nego, i fascismi, o meglio i totalitarismi, nascono dalla legittimazione dei cittadini.
E fa bene la dirigente a proporre una riflessione ai giovani, a ricordare il Fascismo ( anche Stalin comunque “sedeva su un mucchio di ossa”) ma, ed è questa la domanda che mi tormenta, mi chiedo se questa dirigente abbia scritto qualcosa anche l’anno scorso quando il cosiddetto Fascismo, un fascismo liberista, c’era davvero. Già, lo ammetto, io non dimentico.
Non dimentico l’anno scorso, quando i docenti non vaccinati venivano buttati fuori dalle scuole e considerati dei reietti da genitori e colleghi. L’anno scorso, quando non potevano prendere l’autobus né entrare nei negozi, quando le signore vaccinate con i loro cani prendevano il caffè in tiepidi bar e gli studenti non vaccinati stavano fuori al freddo o rischiavano multe salate sul treno se provavano a raggiungere le scuole . Se totalitarismo c’è stato in questo Paese, e c’è stato, è stato l’anno scorso, nel 2022, con un ministro dell’Istruzione che non ha mai difeso i suoi docenti. Riflessioni sull’anno scorso non ne sono ancora state fatte: si è permesso in un assordante silenzio che i dissidenti perdessero il lavoro e con lo stesso assordante silenzio si decide oggi di non parlarne, come se non fosse accaduto nulla. Quindi sorrido di un sorriso amaro perché l’ indifferenza, quella stessa indifferenza citata dalla dirigente, e non la violenza ( che si vede e si sanziona) , è alla base del potere totalitario. Valditara, che i colleghi di Sinistra disprezzano, ha le idee chiare e sta riportando la serietà in una Scuola ridotta dai precedenti governi e dai precedenti ministri a un diplomificio, è intervenuto in difesa della docente colpita dalla pistola a salve, ha scritto una circolare contro l’utilizzo dei cellulari in classe; il ministro dichiara improprie alcune affermazioni della lettera e ha ragione perché il mondo non è diviso in fascisti e antifascisti ma in élite transnazionali e sudditi, in governi che pensano agli interessi dei cittadini e in altri in cui i parlamenti vengono esautorati in nome di una qualsiasi emergenza. La dirigente Annalisa Savino cita Gramsci che io amo; ecco, Gramsci era da citare l’anno scorso, quando davvero sarebbe servito. Gramsci stesso, del resto, provò la prigione e l’odio degli amici, oltre a quello dei nemici chiaramente. A me sembra strumentale la citazione di un eroe della libertà in un momento di libertà democratiche accettabili, e strumentale è il vuoto utilizzo di parole importanti, di concetti che vanno affrontati a fondo leggendo direttamente gli storici o le fonti, non di certo i manuali atti a narrare gli eventi storici in maniera moralistica, superficiale e comunque dal punto di vista dei vincitori.
Mi pare molto facile avere il coraggio di schierarsi quando c’è libertà di parola, quando tutto è normale e democratico.
L’anno scorso nulla era democratico, chi ha difeso le persone che non condividevano la logica di Draghi e di Speranza? Nessuno di questi personaggi che gridano contro un ipotetico e improbabile fascismo ha scritto una qualche lettera agli studenti per spiegar loro che le libertà democratiche erano soppresse.
Noi non pretendevamo tanto, “se uno il coraggio non ce l’ha, non se lo può dare”, ci sarebbero bastate delle scuse. Non sono mai arrivate.
E allora fateci un favore: non riempitevi la bocca di -ismi quando non li avete voluti riconoscere.
Si avvicina l’inizio del nuovo anno scolastico, il terzo d.C. (dopo il Covid).
Il primo fu quello dei banchi a rotelle e del distanziamento di un metro, con dirigenti geometri, docenti che incollavano sensi unici adesivi, bidelli infermieri col termometro all’entrata.
Il secondo fu all’insegna dell’esclusione ma con l’obbligo, per i docenti, di corsi sull’inclusione, i presidi sceriffi, i bidelli poliziotti e il distanziamento di un metro “ove possibile”.
Il terzo è questo ma nulla si deduce all’orizzonte poiché ci sono le elezioni e il MI è un mistero eleusino.
Ci tengono buoni.
Ci sedano con show politici in cui compare l’immancabile Calenda e, siccome qui esisti se sei in TV, il centro esiste.
Ci va bene che la Gruber sia ancora in vacanza.
Ma, dicevo, sta per cominciare il nuovo anno scolastico, the year after dopo l’apocalisse, e io non provo nulla. Nulla.
I miei sentimenti e i miei entusiasmi sono stati congelati da una serie di docce fredde l’anno scorso. Da qui le manifestazioni, la TV, gli scioperi e la militanza con Italexit, quindi le critiche.
La TV è arrivata subito grazie a un articolo della Pedemonte, poi L’aria che tira.
La discussione con Paone, l’affondo di Costa che “mai vorrebbe per i suoi figli docenti così”.
Alunni e genitori mi studiano, mi osservano con curiosità, i colleghi con perplessità e sentimenti vari.
Ogni 48 ore presento il green pass da tampone e così fanno mio marito e il mio ex marito, spendiamo capitali in farmacia.
Anche i figli devono sottoporsi a tampone per prendere i mezzi e per andare in palestra: altri soldi.
Il Governo si illude che prima o poi capitoleremo, sa che siamo sottopagati. Come possono sopravvivere i sanitari? Come i docenti?
Resistiamo, è un fatto. Non ci ammaliamo di Covid, è un altro fatto.
Arrivano le leggi fascistissime, fascistissime in senso proprio: un parlamento che non legifera, un governo che decide.
La fascista è la Meloni?
Casa Pound è fascista?
Non posso più entrare a scuola, neppure con dieci tamponi al minuto.
Sui gruppi FB dei docenti c’è chi esulta, chi dice che era l’ora.
Bastardi, penso.
La supplente arriva presto, non sono necessaria, è brava ma ha un altro metodo di lavoro. Io non so neppure se riuscirò a tornare a scuola e, nel dubbio, cerco un altro lavoro che trovo perché dopo due anni di Dad, nel delicato passaggio tra la seconda e la terza superiore, i ragazzi annaspano.
Inizio a insegnare greco e latino privatamente e sbarco il lunario.
Le critiche sono ghiaia sulle ferite.
Quelle dell’entourage familiare più forti: “Vuoi essere al centro dell’attenzione”, “Fai i capricci”, “Vaccinati altrimenti lasci degli orfani”, “Vaccinati perché hai il dovere di mantenere i tuoi figli,” “Vaccinati perché i miei professori sanno che sei una no vax”, “Vaccinati perché non cambierai il Sistema”.
Resisto. Mio marito no. Il mio ex marito no. Per una volta concordi ci pensano loro: “Combatti: i soldi più o meno ci sono.” Guerriera grazie a due sponsor, direte voi.
Sicuramente più fortunata di altri: questa battaglia la combattono le donne perché gli uomini si sacrificano. E si sacrificano perché il loro stipendio è maggiore.
Le femministe lo possono riconoscere il sacrificio di quelli che definiscono semplici fuchi?
Le femministe dove sono? Oggi sono tutte “My body, my choise”, dov’erano l’anno scorso?
L’autodeterminazione di una madre per proteggere i figli da un vaccino ottenuto da feti uccisi non conta.
Meglio difendere l’aborto: il traffico dei feti rende soldi alle multinazionali.
Io credo sia meglio insegnare l’utilizzo del preservativo ma forse sono troppo antica.
Le stesse femministe guardano Juno, che non abortisce ma trova un’altra soluzione.
Che anno sarà questo?
Chi vivrà vedrà. Io ho imparato ad esser più dura e non farò sconti a scuola perché l’unica possibilità che hanno i nostri ragazzi per non divenire schiavi è quella di imparare a pensare in modo critico.
La fiamma tricolore di Fratelli d’Italia insieme al garofano rosso del Partito Socialista Italiano: non ha vinto Mussolini ma neppure Pertini alla fine.
Del resto è stato chiaro fin da subito: gli Americani consentivano la sfilata delle bandiere rosse mentre firmavano patti con i grandi industriali, la mafia, la politica.
Per questo è stato ucciso Pier Paolo Pasolini, questa è l’interpretazione che viene data da Rosa Johanna Pintus e Marco Bracco nei testi scritti e drammatizzati per il 15 giugno presso l’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Politiche durante una performance organizzata da Hermes Movie per il centenario della nascita di Pasolini.
Simone Grande e Christian Adorno Bard interpretano Pino Pelosi e Pier Paolo Pasolini- Foto Nazar Fedunyk
Così inizia Fabula, la performance portata in scena da Hermes Movie, con una lettera a Laura Betti, interpretata da una bravissima Antonella Rebisso:
Cara Laura, sono tornato. Come sta andando il film nella terra del socialismo reale? Mi sembra di vederti. Quanto ti lamenti per il cibo uguale per tutti? Amore mio, sei perdonata! Spero di vederti presto, sto scrivendo un nuovo film, un attacco al capo dello Stato, anche lui colluso con i poteri, con la borghesia, sta sacrificando l’Italia al migliore offerente…
Fabula, Rosa J. Pintus-Marco Bracco
E la condanna è ancora più forte in quel monologo di Pasolini
in cui la Pintus ha picchiato duro buttandoci dentro tutta la sua esperienza nella periferia e tutta la sua rabbia per un Italia che non riconosce più come sua.
Christian Adorno Bard
Una rabbia che non poteva non essere invasiva e che l’ha resa in qualche modo
la naturale erede di Pasolini benché lei non lo volesse.
Marco Bracco
Claudio Patanè, compositore e chitarrista, è il commento musicale di Fabula-Foto Nazar Fedunyk
Di nuovo, come in Avanti Avanti!, abbiamo in scena il coro perché il rapporto con la tragedia greca non è mai stato reciso né da Pasolini né dalla Pintus ed è Remo Viazzi, professore di greco prima del Liceo Mazzini e ora del Liceo Classico D’Oria, a raccontare le suggestioni e le connessioni che si creano sulla scena.
Rosa Johanna Pintus, Marco Bracco, Remo Viazzi
La performance è forte nel linguaggio, spietata nelle parole. Nella società Lgbt Pasolini crea ancora imbarazzo, fastidio, anche se probabilmente si sarebbe cercata un’altra scusa per farlo fuori.
Coi decreti delegati la Scuola è morta, si è sparata un colpo in bocca e non lo sa. Bisogna essere buoni (ride), fingere il figlio dell’operaio uguale al figlio dell’avvocato! Li portiamo a teatro, in un bel teatro borghese ove le nore si autodeterminano e non sono più bamboline di mariti e di papà:le nore borghesi ovviamente, le altre a fare le puttane per aver l’ultimo blue jeans! Ma dico! Ci siete mai stati tra i casermoni popolari ove il tempo scorre lento nelle piazze e nessuno lavora? Due birre, una canna, una donna e si è felici se non ci si ammazza per quella donna: a volte la si condivide mentre gli occhi osservano il sole che danza.
Christian Adorno Bard è il Pasolini di R.J.Pintus-Foto Nazar Fedunyk
E i ragazzi di vita non è che siano meno maschi perché danno il culo. Quello è un lavoro, che c’entra! Poi coi soldi ti riempiono la ragazza di gioielli e collant.
Giovanni Capano è l’Edipo di Pasolini (Christian Adorno Bard) in Affabulazione-Foto Nazar Fedunyk
Quale relazione c’è tra Sandro, Benito, Nino, Marcello e Pier Paolo? La sceneggiatrice di Hermes Movie ce lo spiega citando l’Auryn de La storia infinita:
tutto ciò che scrivo accade, tutto ciò che accade io lo scrivo.
R.J. Pintus cita M.Ende
La spiegazione più prosaica, più puntuale e meno onirica arriva dal regista Marco Bracco che, commentando anche i nuovi risultati elettorali, afferma:
Riuscireste voi a distinguere le parole di Mussolini da quelle di Pertini se io non vi rivelassi l’autore? La politica è un’arte difficilissima tra le difficili perché lavora la materia inafferrabile, più oscillante, più incerta. La politica lavora sullo spirito degli uomini, che è un’entità assai difficile a definirsi, perché è mutevole. Questo è Mussolini e aggiunge: “Mutevolissimo è lo spirito degli italiani. Quando io non sarò più, sono sicuro che gli storici e gli psicologi si chiederanno come un uomo abbia potuto trascinarsi dietro per vent’anni un popolo come l’italiano. Se non avessi fatto altro basterebbe questo capolavoro per non essere seppellito nell’oblio. Altri forse potrà dominare col ferro e col fuoco, non col consenso come ho fatto io. La mia dittatura è stata assai più lieve che non certe democrazie in cui imperano le plutocrazie”.
Marco Bracco
Le parole di Mussolini appaiono modernissime oggi in un sistema in cui il Deep State decide tutto e sostituisce alla giustizia delle democrazie l’efficienza di uno Stato-azienda di cui Monti prima e Draghi adesso sono i perfetti esecutori.
E Pertini? Colloca anche il Patto Atlantico, strumento di dominio economico poiché la guerra genera guerra. Pertini lo sapeva ed era contrario al guinzaglio di una Nato liberista che avrebbe, prima o poi, minato il miracolo socialista in Italia:
Noi siamo contro questo Patto Atlantico dato che esso è in funzione antisovietica. Perché non dimentichiamo, infatti, come invece dimenticano i vostri padroni di oltre Oceano, quello che l’Unione Sovietica ha fatto durante l’ultima guerra. Essa è la Nazione che ha pagato il più alto prezzo di sangue. Senza il suo sforzo eroico le Potenze occidentali non sarebbero riuscite da sole a liberare l’Europa dalla dittatura nazifascista.
Sandro Pertini
Dunque tutto quello che Pasolini ha scritto e filmato, ciò che lo ha condotto a morte proprio mentre progettava un artistico J’accuse che denudasse i giochi della politica di un’Italia colonia d’altri, sta avvenendo e oggi partiti opposti siedono senza pudore al medesimo tavolo fingendosi nemici.
Ci si chiede quale sia il potere decisionale di codesti partiti e, ormai, di gran parte dei giornalisti: le ultime imprese della nostra gloriosa repubblica sono semplicemente agghiaccianti: trattamenti sanitari obbligatori, propaganda e invio di armi.
Sanzioni antieuropee come l’uomo che si taglia i gioielli per far dispetto alla moglie: il rublo sale e l’euro scende.
Antonella Rebisso interpreta un’affranta Laura Betti
Fascisti? Il fascismo attuale è il vero mostro; i valori borghesi, quelli da combattere sempre, importati dai Liberatori con la cioccolata! Valori molto diversi e distanti dal regime mussoliniano ma molto più adatti a uccidere gli animi. E allora io faccio i film. Perché? Perché ne ho bisogno. Facendo i film esprimo me stesso, o li faccio o mi suicido. Perché voi avete degenerato il sistema educativo in nome di un’uguaglianza che non c’è, che è gratitudine, sudditanza. Mi chiedete come possiamo allontanare il rischio e il pericolo prodotti da questa società. Si è fatto tardi, magari lasciatemi le domande, mi serve un po’ di tempo per ragionarci. Come sapete per me è più facile scrivere che parlare.
Fabula, Rosa J. Pintus e Marco Bracco
In Avanti Avanti! Rosa Johanna Pintus e Marco Bracco raccontano i comuni ideali di Socialismo e Fascismo e le loro necessarie e drammatiche differenze ma, soprattutto, la storia di un Paese che si è illuso di una possibile liberazione e che oggi si trova a fare i conti con il suo status di colonia che deve riverire il padrone mentre l’unica forza, la nostra Italia, la deve trovare in se stessa.
Alessandra Giordano
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Un maledetto gioco ai soldatini, anzi peggio: c’è la perversa logica di Squid Game nella guerra in Ucraina. Vecchi nostalgici della guerra fredda, annoiati dal potere, desiderosi di essere padroni del tutto sotto l’egida del neoliberalismo e dell’imperialismo ad ogni costo. Un tutto che non basta mai e che provoca stomaci vuoti nonostante un nutrirsi continuo.
Sperimentato il quasi totale assoggettamento di un mondo acritico grazie all’horror Covid, il Nuovo Ordine Mondiale si accorge che, se le industrie farmaceutiche hanno guadagnato molto, con il lockdown le guerre sono passate in secondo piano e i fabbricanti d’armi hanno smesso di guadagnare; peccato che anche loro abbiano sponsorizzato l’insediarsi di determinati governi e che qualche regalia vada pur concessa: bellum gerendum est! E Biden ci prova con tutte le sue forze. Non ci ha mai creduto lui che la guerra fredda sia finita e che le armi vadano utilizzate soltanto in Paesi del terzo mondo: la vecchia Europa, con l’addio della Merkel, sta perdendo colpi e Putin è stato cucinato al punto giusto dalle provocazioni del Deep State. Sorride Biden senza neppure rendersi conto di essere pure lui un burattino, forse il capo dei burattini, ma di certo non il presidente del mondo: non è l’artefice della rivolta in Ucraina, della strage di Odessa, del massacro del Donbass ma si è trovato la pappa fatta e ha pensato che il nazismo fosse preferibile a un eventuale comunismo russo-cinese.
La Nato appoggia spudoratamente a forze eversive di destra che tengono in vita Zelen’sky, lontane dal nazismo quanto Hitler quando decise di lasciar partecipare alle Olimpiadi Helen Mayer. Il lupo perde il pelo ma non il vizio e non oso neppure pensare quale fine sia destinata al presidente in caso di sconfitta.
Ma vediamo i Russi. Tutti sappiamo chi è Putin ed è facile pensare che abbia ritenuto in un primo tempo di denazificare l’Ucraina nella stessa maniera in cui ha cercato di ripulire la Cecenia.
Attualmente accadono cose inimmaginabili di cui i media non fanno menzione perché sono presenti anche in Russia battaglioni neonazisti nostalgici dell’alleanza tra Hitler e Stalin. Basta cercare le notizie e non limitarsi a bere acriticamente la propaganda amica o nemica secondo la nostra personale posizione politica.
Il nazionalbolscevismo è stato reimmaginato in Russia da Aleksandr Dugin e Eduard Limonov come un rinnovato sincretismo fra nazismo e comunismo, finendo comunque per inserirsi nel frammentato mondo dell’ultranazionalismo di destra e del neofascismo e alimentare ulteriori formazioni paramilitari come le Interbrigate.
Battaglione Azov da un lato e Battaglione Sparta dall’altro correi di portare avanti, i primi in maniera consapevole poiché da loro armati e gli altri in modo inconsapevole, gli interessi degli Americani contro l’Europa tutta.
E l’Europa? I leader, in particolare il non uomo italiano che detiene il nostro Governo, scodinzola in attesa delle crocchette Nato: Russia delenda est, sostiene, e si sente il novello Catone.
I leader e i giornalisti che animano i nostri talk show non sono diversi dai vecchi che, per mero divertimento, osservano mascherati e lepeghi, il gioco al massacro di Squid Game.
pur non essendo filorussa, non cado nel tuo inganno mediatico. Probabilmente hai confuso l’Ucraina per un set televisivo ma i tuoi attori stanno morendo come in Squid Game.
Stai condannando da tempo i figli della tua terra ad essere orfani, figli già condannati una volta da Chernobyl ma, evidentemente, per l’Ucraina non ci può essere pace.
Ora appari agli occhi del popolo come esempio di resistenza ma dov’eri quando le tue donne, bionde e belle, quindi ancor più a rischio, abbandonavano il loro Paese, la loro famiglia, la loro lingua?
Tu non c’eri pur essendoci e, anzi, alcune mie studentesse ucraine, mi dicevano che nel granaio di Europa la corruzione mieteva più vittime del nucleare e che i Russi erano comunque migliori degli Americani anche se…
Putin è di fatto uno zar.
Altre invece sostenevano la tesi opposta: meglio gli Usa. Meglio gli Usa fino agli attuali decreti che hanno trasformato l’Italia, zerbino d’America, in una non democrazia.
Ma neppure l’Ucraina è una democrazia- mi dicevano quando si manifestava insieme contro il Green Pass- c’è tanto orrore in Ucraina, meglio qui senza alcun diritto.
Dov’eri allora, Zelen’sky? So dove sei adesso: in continua tournée mentre il tuo popolo muore. Ti segue ma muore mentre tu ti atteggi a Che Guevara e non lo sei.
E proprio perché sei seguito, sei adorato, sei osannato ti devi fermare e devi fermare il massacro.
Invece non vuoi. Ma essere il volto affascinante degli Americani è un’arma a doppio taglio e quindi, per conto mio, dovresti smetterla di giocare a Risiko e salvare la tua gente, quanto prima.
Salvare tu quell’Europa da cui adesso esigi aiuto.
Perché la Storia ce la dobbiamo scrivere da noi e non farla scrivere da due superpotenze che non hanno più senso e paiono due vecchi di insensate brame.
Lascia il Donbass, lascia la Crimea: vivi e lascia vivere.
Da otto anni l’Ucraina è in guerra, un conflitto fratricida che vede da un lato i filorussi e dall’altro i filoeuropei. Viktor Janucovyc, il presidente, non potendo vincere, lascia il Paese.
Putin non ci sta: le proteste sono state finanziate dagli Stati Uniti che vogliono circondare la Grande Russia di basi missilistiche occidentali quando la Nato, caduto il Muro di Berlino, non avrebbe più senso di esistere.
Invece esiste e attira a sé gli ex paesi del patto di Varsavia! I guerrafondai sono loro, pensa Putin, e non ha torto, agli Americani l’Ucraina interessa quanto ad Agamennone interessava Elena di Troia: non per le sue grazie il re dei re sacrificò la figlia Ifigenia!
Per gli Usa Ucraina significa Europa, significa mettere in scacco matto l’avversario di sempre, significa creare ansie e difficoltà alla Cina.
L’Ucraina, ahimè, non conta: la partita è un’altra. E in effetti Volodymyr Zelen’skyj viene interpellato pochissimo, il suo curriculum di comico e di sceneggiatore ce lo mostra nella fragilità di un Nerone che suona l’arpa tra le fiamme del suo Paese.
Non può far nulla ora Zelen’skyj, presidente odiato dal Donbass, simpatizzante dell’estrema destra e filonazista nonostante le sue origini ebraiche. Zelen’skyj è un mistero di cui sappiamo troppo poco per poter osare un qualsiasi giudizio ma possiamo comunque osservare un fatto inconfutabile: manipolato e manovrato dagli Stati Uniti, ha osato l’inosabile pensando che sarebbe stato aiutato dalla Nato in caso di guerra.
Invece Zelen’skyj e l’Ucraina erano l’esca perfetta per innescare una guerra senza sparare un colpo. Il fatto è che, perché un intervento sia giustificato, occorrono delle vittime sacrificali: Agamennone sacrificò la figlia Ifigenia, la Nato gli Ucraini (meglio ancora se donne o bambini).
L’aiuto della Nato è prudente: arrivano armi, non arrivano uomini. Quali costi avranno queste armi? Nulla è gratis.
In tutta questa vicenda colpisce la completa sudditanza dell’Europa, la sua assurda incoerenza.
Perché c’è un fatto. Un gasdotto, il Nord Stream 2, costruito già al 95%, è voluto da Russi ed UE. La Germania in particolare ne conosce l’importanza economica; gli Ucraini invece sono da sempre contrari a questa soluzione poiché guadagna dal passaggio del gas nel suo territorio mentre il Nord Stream 2 riuscirebbe ad aggirare il Paese.
Cambiato il Governo in Germania, cambiano gli interessi e, con un atto del tutto suicida, la Germania rinuncia a un gasdotto già costruito. Un gasdotto non voluto da Biden, presidente a cui sfuggono alcune pagine dei libri di storia ma che deve aver letto avidamente il primo Ken Follet: la guerra fredda è terminata e con questa la ragion d’essere della Nato.
La Nato però c’è ed è spaventosamente aggressiva, a Putin non resta altro che ricostituire, per difendersi, il Patto di Varsavia e non esclude (lo sappiamo chi è Putin) la forza.
In tutto questo i già poveri civili ucraini sono l’effetto collaterale da mettere in conto: una massa, e quindi un nulla, di gente sacrificabile per Putin, Biden, Zelen’skyj.
L’unica differenza rispetto alle Troiane di Euripide è che almeno molte donne ucraine sono in salvo in Italia.
Genova- Ancora Italia, Riconquistiamo l’Italia, Alternativa c’è e Italexit hanno costituito una lista comune da presentare alle elezioni amministrative e, a breve, si partirà con la raccolta firme per la presentazione della stessa. I tre partiti sembrano essere l’unica opposizione possibile alla svolta neoliberista ed eversiva del nostro amato Paese che sta svendendo a William Henry Gates III (al secolo Bill Gates), a Red Bull e ad altre multinazionali il nostro patrimonio storico e naturalistico.
Attualmente l’emergenza è quella di contrastare, scusate il gioco di parole, lo stato di emergenza che risulta essere una miniera di denaro facilmente accessibile per coloro che hanno interesse a prorogarlo per mero interesse personale.
Fa male constatare come la Magistratura abbia perduto quell’autonomia di giudizio che la dovrebbe caratterizzare in un Paese democratico ma, è evidente, qui in Italia la democrazia è soltanto l’utile del più forte.
Nonostante queste considerazioni, esiste una parte politica che non si arrende e che spera , che s’impegna e che combatte non per i diritti di pochi ma per i diritti di tutti.
Montanelli scrisse che basta offrire al popolo l’illusione di un po’ di potere per poi fargli accettare tutto e acclamare la dittatura, lo scrisse riferendosi al fascismo ma l’uomo ricade nello stesso inganno.
Chi vigila, vale la pena ricordarlo, vigila per tutti: per il negoziante che pretende il green pass, per la società sportiva che non osa ribellarsi, per chi ama infierire senza sapere che sarà la prossima vittima, per chi è costretto a cedere al ricatto per non morire di fame.
I metodi del nostro beatificato premier, denunciati più volte dall’avvocato Marco Mori che si presenterà con Italexit, sono sotto gli occhi di tutti i cittadini ma molti hanno trovato in questo modus operandi una propria dimensione, un sereno modo di essere in qualità di solerti servi di un regime eversivo che mira a ridurre alla fame e al silenzio i dissidenti.
Un sistema eversivo, eversivo davvero se si considera come, grazie ai due terzi di un parlamenticchio interessato soltanto a difendere le proprie munifiche prebende, grida l’avvocato Alessandro Fusillo, l’Esecutivo sia riuscito nel silenzio del mainstream a modificare già due articoli della Costituzione: l’art.9 e l’art.41 .
A dispetto di quanto afferma il link che vi ho suggerito, la verità è un’altra ed è amara: un governo nominato e lontano dalla volontà popolare ha cambiato due articoli fondamentali della Costituzione senza neppure proporre un referendum e istituzionalizzando il ricorso ad eventuali chiusure e lockdown: un vulnus e non una riforma.
Ora è tempo di cambiare e Genova, il giorno della visita di Mario Draghi, lo ha affermato con decisione.
E di nuovo oggi lo afferma, depositando in Questura la denuncia contro Mario Draghi e i suoi ministri preparata da Marco Mori.
Ti aspettiamo alle 16.00 davanti alla Questura, un piccolo gesto fa la differenza.
La politica delle emergenze ha fatto scacco matto relegando la democrazia all’angolo.
La partita non è stata breve né veloce né improvvisa: le sedici pedine nere hanno cominciato l’avanzata in maniera silente ed attenta tanto che i sostenitori del re bianco non ci hanno neppure fatto caso. Del resto Simone Nardone ricorda che
Il vero politico va istruito con gli scacchi e con il poker poiché strategia e bluff concorrono alla vittoria.
Simone Nardone
La verità, ne parlavo con l’amica Chiara Fasce, attivista ben prima di me, è che all’inizio non ci siamo quasi accorte di nulla mentre adesso il passato è così leggibile, così evidente da ricordare l’ultimo capitolo de La Recherche di Marcel Proust (senza la lettura del quale non si comprende il significato del romanzo).
Il Concorso DS
La prima volta che ho letto in calce a un documento “per motivi di urgenza” mi trovavo in Emilia Romagna. Mia figlia Partecipava ai campionati nazionali di danza sportiva e noi alloggiavamo in una roulotte al Camping delle Rose. All’epoca di Coviddi non ce n’era davvero e neppure li si immaginava. Avevo una ferita quell’anno, ha ragione il poeta Gianni Priano, ma la leccavo come un gatto sornione al sole: avevo partecipato al concorso per DS, avevo superato la prima prova, non la seconda; per assurdo ero stata coinvolta dalla mia amica Giuliana Della Valle in un progetto senza precedenti: la stesura di un manuale per concorsi perché, a sua detta, scrivevo bene.
Il manuale, Mare Magnum, pubblicato due anni fa con tanta fatica e dedizione fu il più bel brainstorming a cui mi sia mai trovata a partecipare in un momento in cui il Ministero della Pubblica Istruzione voleva dividerci a tutti i costi in vincitori e ricorrenti nella logica del divide et impera.
Pur lavorando al progetto e non essendo in alcun modo negativa nei confronti dei colleghi vincitori, il risultato del Concorso non mi convinceva tanto più che coloro i quali non avevano superato la prima prova erano riusciti, tramite ricorso, ad essere ammessi alla terza prova.
E noi? Noi che avevamo superato la prima prova ma non la seconda?
Molti colleghi erano davvero preparati e risultava impossibile credere che non avessero superato la prova scritta; in breve, delusi dai sindacati, istituimmo il Comitato Trasparenza è Partecipazione e ci attivammo alla ricerca della verità.
Il ricorso va accolto a seguito della riconosciuta fondatezza della doglianza che ha contestato la legittimità dell’operato della commissione plenaria nella seduta in cui sono stati fissati i criteri di valutazione, con conseguente annullamento in toto della procedura concorsuale in questione.
Giudici del Tar del Lazio
La sentenza del Tar venne immediatamente sospesa dal Dicastero ; l’allora Miur depositò l’appello al Consiglio di Stato
con richiesta di sospensione dell’efficacia della sentenza per ragioni di necessità e urgenza.
Ebbene quindi il Tar si era interrogato sulla legittimità del concorsone ma il Ministero della Pubblica Istruzione ne annullava, di fatto, la sentenza per ” ragioni d’urgenza” .
Pensai che la politica fosse un magna magna e che questa ragione in calce al documento fosse un vulnus nel diritto ma poi passai ad altre questioni: la vita all’epoca andava avanti e, a dirla tutta, un anno dopo il Consiglio di Stato annullò la sentenza di annullamento del Tar dando ragione ai vincitori con buona pace di tutti.
Il problema non è capire chi avesse ragione ma comprendere se la ragion di Stato valga di più della Costituzione e dei passaggi giuridici necessari alla ricerca della giustizia in una democrazia.
Il mito dello snellimento della burocrazia
Perché di fatto è dagli anni Novanta che ci siamo assuefatti a questa comoda dicitura confermata da Bassanini.
L’utilizzo di provvedimenti extra ordinem era stato ritenuto importante per la competitività del nostro lento sistema burocratico che doveva rigorosamente allinearsi ai parametri di Maastricht.
E c’è stata una corsa alla semplificazione guidata dall’EIPA.
Un procedimento amministrativo va però motivato da un lato per consentire alla cittadinanza di controllare l’operato della pubblica amministrazione, dall’altro consente al privato, che si ritiene leso dall’attività amministrativa, di impugnare il provvedimento, contestando il merito delle motivazioni (oltre a poter contestare eventuali violazioni di legge, di forma o di competenza).
Per tali motivi ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato. Le uniche eccezioni sono rappresentate dagli atti normativi e da quelli a contenuto generale, entrambi espressione di discrezionalità politica e non amministrativa (art 3 Legge sul procedimento amministrativo).
Ora, io non sono una giurista e cerco di barcamenarmi in questa materia complessa, temo tuttavia la discrezionalità politica e tutto ciò che da questa può derivare.
La Legge n 241/1990 impronta tutta l’azione della p.a. ai famosi criteri di economicità, efficienza ed efficacia che annullano qualsiasi pensiero critico.
Le norme giustificate dalla necessità però danneggiano in modo indelebile la democrazia: quali circostanze, non previste e non prevedibili, possono imporre l’ adozione di misure straordinarie atte a fronteggiare situazioni di emergenza?
L’utilizzo di continue deroghe agli articoli della nostra Carta va, per conto mio, ad oscurare quel principio di trasparenza e pubblicità che dovrebbe rendere il cittadino partecipe al dialogo con le istituzioni che lo rappresentano e colloca le istituzioni stesse in una torre d’avorio inaccessibile.
Presupposti pericolosi
I presupposti di questo modus operandi sono “i casi straordinari” e “la necessità e l’urgenza”, laddove per caso straordinario si debba intendere ogni fatto imprevedibile, naturale o sociale, che metta in pericolo la vita, l’incolumità o i beni della persona ( un terremoto, un’alluvione, una guerra); necessità ed urgenza offrono al governo la possibilità di non affrontare l’iter parlamentare; da qui deriva l’utilizzo di un linguaggio bellico e il ricorso alla figura di un grande generale in materia di sanità.
Lo Stato di guerra è il presupposto per il conferimento, da parte del parlamento deliberante, dei poteri necessari e straordinari al Governo. Questo era avvenuto con Conte, non ricordo sia avvenuto nella stessa maniera con Draghi ma forse mi sono distratta.
Per l’attuale governo dalle larghe intese l’utilizzo del decreto legge è manna dal cielo: come potrebbe un uomo abituato ad essere solo al comando, più generale del generale stesso, accettare la dialettica del Parlamento e delle quaestionesdisputatae?
Disporre sospensioni al diritto ordinario è più semplice e chi non accetta l’ ipse dixit è condannato alla fame come mostra il comune destino di sanitari, poliziotti e docenti che non si sono piegati al Potere.
Speranza
Se al limite l’operato di Conte era giustificabile, considerato il panico in cui è precipitato il mondo in seguito alla Covid e la poca esperienza in materia di pandemie, l’esecutivo di Draghi non ha diritto di essere: l’uomo d’Europa ha ridotto l’Italia a un feudo in cui le stesse raccomandazioni europee sono disattese in nome di un delirio monarchico.
E l’emaciato Ministro della Salute? Sicuramente non era preparato alla vis di un potere che lo sta stritolando, tuttavia se vengono fatti degli errori vanno risarciti. Speranza è già stato giustificato per non aver aggiornato il piano pandemico in un momento di disattenzione in cui l’attuale disastro non era neppure immaginabile, momento a cui Ranieri Guerra ha cercato maldestramente di porre rimedio scomparendo dalla scena pubblica.
Nel caso del ministro Speranza non si tratta di 2500 dirigenti scolastici in concorso per un posto al sole, si tratta di un uomo che ha avuto e ha tuttora in mano il destino di un Paese e chi obiettasse che tutto sommato il nostro non è un medico e potrebbe esser stato mal consigliato, consideri che esiste la culpa in eligendo.
Ultimamente il Tar del Lazio, su ricorso di Erich Grimaldi per il Comitato Terapie Domiciliari, ha annullato la circolare ministeriale della “tachipirina e vigile attesa” in quanto avrebbe impedito ai medici di operare secondo coscienza e che avrebbe condannato a morte, perché di questo si tratta, parecchi Italiani.
Per le disposizioni in materia di Covid alcuni medici sono stati sospesi e altri vivono nel terrore di essere radiati per la semplice richiesta di una serie d’esami allergologici da prescrivere a pazienti che giustamente pretendono rassicurazioni sul proprio stato di salute.
Paradossalmente oggi l’Esecutivo spaventa più della Covid, paradossalmente oggi i sani pregano di ammalarsi per poter esercitare quei diritti costituzionali garantiti prima dello stato di emergenza.
Giorgia Meloni ha commentato con parole dure l’operato di Speranza:
La sentenza del Tar del Lazio mette una pietra tombale sull’operato del ministro Speranza, che ha la grande responsabilità di non aver mai voluto ascoltare le numerosissime esperienze cliniche portate dai medici di base: Speranza non deve restare un minuto di più.
Giorgia Meloni
Il presidente del Consiglio di Stato Franco Frattini però, uno dei papabili candidati al Quirinale, ha scelto di sospendere l’efficacia della sentenza, rimandando tutto all’udienza del 3 febbraio.
Il tutto è possibile perché da due anni si agisce in regime di necessità ed urgenza in nome di un’emergenza che avrebbe potuto essere gestita diversamente se, negli anni precedenti, si fosse investito nella sanità pubblica abbandonando la mission per giungere a una sanità privata.
Ma, questo è ormai chiaro, necessitas non habet legem, sed ipsa sibi facit legem e questo è molto comodo.
Neppure si presenta agli Italiani, il premier, ma affida ogni commento a Gaspare, Melchiorre, Baldassarre (Speranza, Bianchi, Brunetta). Baldassarre ha gli occhi vivi come non mai, si sente già reggente mentre pregusta l’ascesa dell’attuale premier al Colle per saltare sul trono.
-Decreto votato all’unanimità- chiosano alcuni.
-Momenti di tensione e fratture all’interno della Lega- dicono altri.
Ma il premier tiene banco e non si può certo pensare che paghi, come altri, i suoi “mi piace”! Quali armi possiede questa persona? Mistero.
Gaspare è teso, pallido, emaciato: il peso di una democrazia negata da due anni lo sta schiacciando e il naso è rosso per il prolungato utilizzo della FFP2, ne riconosco il segno.
Chissà se Draghi si è identificato nel mantra del suo amico Macron
Voglio far saltare i nervi dei No Vax.
Macron
Il decreto è scritto: ipse dixit.
E ancora c’è chi sostiene sia differente dalle leggi razziali del ’38: è diverso il punto di partenza, non la direzione d’arrivo.
Il decreto millanta un obbligo vaccinale over 50 a prescindere che si lavori o no. Di fatto però non si tratta di obbligo, poiché sussiste la pratica di obbligare a firmare il consenso informato, si tratta di estorsione.
State attenti, ve lo dico, se potete resistere resistete: finché dovete firmare il consenso informato non è obbligo!
Il Governo se n’è guardato bene anche questa volta e preferisce la condanna al confino alla legge che tutti i cittadini si sarebbero attesi: l’obbligo vaccinale.
Ribadisco, se potete. Se potete.
Dal 20 gennaio al 31 marzo non si potrà accedere al parrucchiere e all’estetista senza supergreenpass.
Conseguenza diretta: o queste categorie perdono clienti o cominceranno ad esercitare in casa delle clienti/untrici in nero.
Dal 1 febbraio al 31 marzo senza il supergreenpass non si potrà accedere a banche e servizi commerciali, negozi e centri commerciali, uffici pubblici, Comuni, Province, Regioni, Poste, Inps, Inail.
Pagheremo tutto dopo il 31 marzo e potrebbe essere conveniente ritirare un po’ di contante adesso visto che a breve saremo in mano al mercato nero.
Che cosa dicono i commercianti?
Accettano? Tacciono? Non si ribellano nell’anno in cui Amazon centuplicherà il fatturato? Nell’anno in cui finalmente multinazionali quali l’Associated British Foods metteranno le mani sulla decantata economia agroalimentare italiana?
Interessante, a questo proposito, la lettura di Tiziana Alterio e del suo Il dio vaccino. Forse io avrei scelto un titolo diverso poiché in realtà l’analisi è globale e andrebbe letta anche da coloro che concordano sulle misure sanitarie mentre, in questo modo, il testo arriva ad attirare un target ristretto di lettori.
La Alterio indaga, spiega, denuda, racconta una civiltà corrotta dal cancro del potere.
E il racconto di Tiziana ci aiuta a comprendere la follia di questo bulimico decretare del nostro Esecutivo.
Restano in vigore le misure più restrittive del precedente decreto: Green Pass rafforzato per mezzi pubblici, treni, hotel, palestre, eventi.
Misura che colpisce gli adolescenti figli dei No Vax:
Una società in cui i figli pagano le colpe dei padri è democratica?
Chiara Fasce, coordinatrice regionale della rete nazionale Scuola in Presenza
Una società simile ricorda la Grecia arcaica raccontata nelle tragedie o certe vendette della mafia nostrana!
Intanto dei disperati tentativi di proteggere la democrazia esistono: Forciniti del Gruppo Misto e Paragone di Italexit cercano di difendere la nostra Costituzione con lacrime, sudore, sangue e dolore.
Sul fronte civile si sta creando una società alternativa, fatta di passaparola, composta da gruppi di aiuto che agiscono ai margini del sole come guerriglieri privi d’armi e ricchi di umanità.
Cerchiamo di aiutarci, di coordinarci, di credere che se anche siamo destinati questa battaglia, non perderemo la guerra.
Cerchiamo di reagire, non attendiamo- in poltrona- la fine della Repubblica.
L’anno scolastico è iniziato, come molti altri docenti sono entrata in sevizio piegandomi al ricatto del tampone, grazie al quale, dietro corresponsione di una somma di denaro, si può acquistare, nella nostra Repubblica democratica fondata sul ricatto, un diritto temporaneo al lavoro della durata di 48 ore.
Una decisione sofferta.
E’ stata una decisione sofferta. Durante l’estate, fatta di tensioni, dubbi, paure, lacerazioni interiori e rotture di rapporti di amicizia più o meno consolidati nel tempo, avevo deciso di farmi sospendere dal servizio fino al 31 dicembre, data in cui dovrebbero (forse) terminare lo stato di emergenza, e di conseguenza, l’imposizione della tessera verde, per evitare discriminazioni, recriminazioni, battutine, offese più o meno esplicite, che sarebbero state la logica evoluzione dell’atmosfera che ha caratterizzato l’ambiente lavorativo nel quale ho vissuto da quando è stata aperta la stagione del siero e la maggioranza dei docenti, ubbidienti servitori delle istituzioni, si è precipitata in massa a offrirsi come cavia per mettersi al sicuro dalla pandemia, per ottemperare a una richiesta dello stato, per poter guadagnare una posizione di superiorità nella gerarchia sociale, trascinata in un rituale collettivo più simile a un pellegrinaggio verso un luogo santo con tanto di concessione dell’indulgenza plenaria che ad una profilassi sanitaria.
Alla fine, consapevole di rientrare in un ambiente ostile che si sarebbe fatto ancora più ostile con il trascorrere del tempo, sono rientrata al lavoro con il mio primo lasciapassare governativo, acquistato al prezzo di 15 euro, e stampato, per l’occasione, a colori.
Difendere il diritto al lavoro e cercare il dialogo
Sono rientrata a scuola fieramente convinta di dovere difendere il mio diritto al lavoro, convinta di avere il diritto di non essere chiusa in casa come un sorcio, come propagandato dalle viro star e dai politicanti impegnati come testimonial della campagna di istigazione all’odio sociale che ci ha tenuto compagnia durante questi mesi e che non accenna a terminare.
Sono rientrata quasi contenta di poter esibire il mio tampone negativo, grazie al quale avrei potuto sostenere di non rappresentare un pericolo per nessuno, dal momento che nessuno avrebbe potuto pensare di essere contagiato da me, poiché il mio lasciapassare temporaneo è un certificato, emesso dallo Stato, che mi garantisce di essere “sana”, e dunque, con la mia presenza, avrei potuto spezzare l’equivalenza, sostenuta dai media e dalle persone che di questi si nutrono compulsivamente, che una persona non sottoposta al trattamento del siero sia per antonomasia malata e dunque contagiosa.
Essendo il mio accesso a scuola regolamentato da ripetuti e reiterati tamponi negativi, nessuno avrebbe potuto offendermi o trattarmi come una lebbrosa, come accadeva questa primavera, e a chi mi avrebbe incalzata dicendomi che avrei potuto essere io a contagiarmi (in questo caso, da loro vaccinati, dal momento che tutti i non vaccinati entrano al lavoro con il tampone negativo, ma questo non si può dire…) avrei risposto che le cure domiciliari ci sono, che esistono, che ci sono medici scrupolosi che prescrivono queste cure e non lasciano morire le persone in compagnia di “tachipirina e vigile attesa”, secondo quanto prevede invece il protocollo governativo, e che comunque sarebbe un problema mio , e non loro, con tutte le considerazioni retoriche del caso.
Sono rientrata convinta di poter aprire un dialogo con le persone che si sono sottoposte al siero, convinta di poter dimostrare loro che possiamo sederci l’uno accanto all’altro senza che abbiano paura di essere automaticamente infettati per il solo fatto di trovarci all’interno della stessa stanza,
sono rientrata convinta di poter aprire un contraddittorio costruttivo con le persone che si sono trincerate dietro il pensiero unico senza porsi domande , pensando di poterle aiutare a riflettere sul fatto che la tessera verde è divisiva, distrattiva e illegittima, perché illegittimo è ledere il diritto allo studio e al lavoro, riducendolo a una sorta di compravendita, per la quale lo si riacquista per un anno se si accetta di cedere la sovranità su proprio corpo allo Stato, oppure per 48 ore , pagando per poter esibire un certificato che dimostri di essere sani, in totale assenza di misure di reale prevenzione , che erano assenti già prima della pandemia.
I problemi della scuola (to be continued)
Per quanto riguarda la scuola, infatti, ci troviamo con gli storici problemi irrisolti, che sono rimasti tali, quali la carenza di organico, le classi pollaio, la mancanza di sistemi di ricambio dell’aria diversi dalla finestra aperta, la deroga al distanziamento se non ci sono le condizioni logistiche affinché questo possa essere mantenuto… ma ne scriverò in un’altra occasione, poiché l’argomento è “succulento” e merita di essere trattato in maniera monografica.
Tessera verde e caccia alle streghe
La tessera verde, dunque, si configura come un velo, una coperta, un travestimento, con il quale, in nome di una efficacia sanitaria che è stata negata persino dai più autorevoli virologi di regime, si occultano ben altre scottanti problematiche, dalle quali si distoglie l’attenzione con il miraggio della caccia all’untore, ufficialmente formalizzata , partecipando alla quale ognuno può sentirsi parte attiva in questo inarrestabile e progressivo imbarbarimento dei costumi che tutto travolge, triturando e distruggendo qualsiasi voce di dissenso, individuando di volta in volta un colpevole su cui riversare la colpa di ciò che non funziona, e che pertanto deve essere “bruciato”, al pari di quanto si faceva con le streghe durante il medioevo, offrendolo al popolo come capro espiatorio.
Rientrare e resistere
Dunque la mia convinzione era quella di rientrare, rientrare è stata una dimostrazione di resistenza, e la resistenza l’avrei costruita giorno per giorno con il dialogo, con il contraddittorio costruttivo, con lo sconto e l’incontro, come fosse una missione.
Siamo rientrati in tanti. Tanti si sono chiamati fuori e si sono fatti sospendere, rinunciando a lottare, e non li biasimo. A modo loro, combattono, denunciando, con la loro assenza, l’ingiustizia del sistema. Hanno creato un vuoto, materiale e emotivo, e hanno sigillato la loro scelta con il distacco, il silenzio, più eloquente di mille discorsi, ma le cattedre da loro lasciate vuote sono già state riempite da supplenti diligenti e vaccinati, e ai ragazzi sarà stato detto che i loro insegnanti non possono più insegnare perché sono “contro il sistema”, “contro la legge”, senza spiegare loro che rinunciare al posto di lavoro a causa di una legge ingiusta è stato un enorme sacrificio e non un capriccio.
Alcuni di noi che siamo rientrati combattono, giorno dopo giorno, fronteggiano i pregiudizi, sapendo di essere comunque giudicati negativamente nonostante l’impegno profuso nel lavoro sia lo stesso di sempre, ma la realtà con cui interagiamo non è disposta a perdonarci questa sorta di peccato originale, questa incomprensibile macchia nell’animo che spinge comunque gli altri alla diffidenza, in virtù del fatto che i docenti debbano comunque ubbidire all’autorità, non devono avere dubbi, non devono porsi domande, non devono avere pensiero critico, non devono documentarsi cercando fonti alternative alla televisione e alla stampa istituzionalizzata, dimostrando con questo atteggiamento di essersi conformati alla nuova figura del docente che si è delineata negli ultimi 10-15 anni , che non è più quella della guida alla formazione del pensiero critico attraverso lo studio e l’analisi delle fonti, ma quella del puro trasmettitore di contenuti, coniugata alla mera funzione di certificatore di competenze e, all’occorrenza, di impiegato di diplomificio. In questo senso la pandemia ha trovato la sua platea ideale, che plaude ogni sviluppo della deriva liberticida che, in nome della presunta sicurezza sanitaria, si è innescata.
Alcuni di noi che siamo rientrati hanno invece scelto di adottare un basso profilo, come se nulla fosse, entrando con il lasciapassare da tampone senza dare nell’occhio, sperando che le farmacie trasmettano al sistema i propri dati sempre nei tempi giusti, in modo da non rischiare di fare suonare allarmi in ingresso ed essere allontanati dalle collaboratrici scolastiche per l’occasione insignite del ruolo di kapo, in attesa che questa distopia possa terminare e sopportando in silenzio per evitare, appunto, discorsi, discussioni, intimidazioni, coinvolgimenti emotivi non necessari e inutile dispendio di energie. A modo loro, combattono, rinunciando a esporsi, e non li biasimo, perché, a modo loro, si difendono, si autotutelano, proteggendosi da ulteriore sofferenza.
E i ragazzi?
A differenza degli adulti, i ragazzi non giudicano. Ai ragazzi ho detto subito di non essere vaccinata, perché me lo hanno chiesto, anche se non sarei stata tenuta a farlo, e ho spiegato loro che, entrando con il tampone negativo, non costituisco un pericolo per nessuno, ma che dobbiamo, comunque, rispettare le distanze, utilizzare le mascherine, aprire le finestre.
I ragazzi non giudicano. Mi hanno detto che dal momento che io sono “vecchia” (e hanno ragione), per me è più facile rinunciare agli amici, al gruppo, al divertimento, al cinema, al teatro, alla pizza, al Mac Donald, al parco tematico, alla vacanza, allo sport… e che per loro, invece, sarebbe stato impossibile continuare a rinunciare, perché da giovani non si può rinunciare a tutto e non avevano alta scelta.
I ragazzi hanno introiettato un sistema di regole scolastiche secondo il quale non esistono punizioni o conseguenze negative del loro agire, perché vengono comunque “mandati avanti”, magari con il “peccato” del “debito” da sanare, che è un fastidio, un male necessario per procedere nell’avanzamento degli anni scolastici, un compromesso, una piccola cessione di tempo ed energie in virtù della quale si accetta di frequentare un corso di recupero e di sostenere una prova che ne attesti l’esito positivo in cambio dell’ammissione all’anno scolastico successivo.
Nulla che assomigli a una lotta, a una sfida, a uno stimolo forte per “andare avanti” invece di “essere mandati avanti”.
Nulla che spinga a “rimboccarsi le maniche” e a conquistarsi l’accesso alla classe successiva, ma piuttosto un piccolo ricatto, spacciato come sistema per progredire negli studi.
E’ stato un ricatto anche l’estensione del vaccino ai ragazzi, i quali, per la forma mentis che il sistema ha sapientemente inculcato loro negli anni, lo hanno accettato come se fosse normale, e non hanno neanche percepito fosse un ricatto.
Non hanno chiesto nulla, non hanno letto nulla , non si sono documentati, non hanno approfondito.
Per loro il “green pass” è una tessera per entrare nei locali, la maggior parte di loro ignora l’esistenza della Costituzione, anche se l’anno scorso hanno avuto la sufficienza nella valutazione di educazione civica, anzi, qualcuno mi ha anche confidato che “la Costituzione non gli interessa perché è roba da vecchi” e che loro “non hanno tempo per leggerla”, e non posso fare a meno di pensare che questo è il normale risultato della decadenza del sistema scolastico a cui accennavo prima, dal quale è stato bandita la formazione del pensiero critico, per cui abbiamo, magari, ragazzi bravissimi a ripetere la lezione o a fare calcoli, ma carenti nella formulazione di connessioni tra vari contenuti e incapaci di svolgere, ad esempio, una ricerca e una comparazione di fonti documentarie.
Qualcuno, anche tra loro, ha resistito. Lo so, perché lo leggo dagli sguardi tristi e profondi che emergono da quei visi nascosti dalle mascherine, perché per loro fronteggiare il biasimo del gregge è assai peggio di quanto lo sia per noi, e immagino si sentano in pericolo, in balia della precarietà assoluta, colpevoli di non avere il marchio di omologazione esattamente come noi adulti.
Con la differenza che loro sono piccoli, e dovrebbero essere “protetti”, e non violentati dai media, dalla campagna di istigazione all’odio, dalle minacce che fa il regime, dalle accuse di colpevolezza di generare contagi, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.
Il concetto di “libertà”
In quest’ottica mi sforzo di comprendere chi ha confessato di avere scelto la via del siero “per essere liberi”, perché la “libertà” non è la libertà dal contagio ma piuttosto dalle misure repressive che lo Stato mette in atto per tutti i cittadini sani che rifiutino di cedergli la sovranità sul proprio corpo e vogliano disporre della libertà di scelta, tutelata dalla Costituzione, ormai ridotta a carta straccia anche se formalmente ancora in uso, di poter rifiutare un trattamento sanitario la cui imposizione va a ledere la dignità del singolo, implicando il rischio di effetti avversi dei quali non è questa la sede opportuna per parlare.
Umanità celata e umanità occulta
Abito vicino alla scuola in cui presto servizio, e mi reco abitualmente al lavoro facendo una passeggiata. Sono fortunata, lo so, non devo servirmi dei mezzi pubblici, a differenza di come ho fatto per molti anni. Passeggio in mezzo agli alberi, osservo i colori intorno a me e respiro. Sorrido. Respiro e cerco di non pensare a nulla. In prossimità del portone dell’istituto scolastico indosso la mascherina, mi imbavaglio, per tutta la mattina rinuncio a respirare e a sorridere, ma poco importa, ormai ho imparato a spiegare in apnea, quando faccio tante ore al pomeriggio ho sempre mal di testa e un po’ di tachicardia ma magari è un caso, il rossetto non lo mettevo neanche prima ma mi sento mutilata senza il mio e l’altrui sorriso, mi sembra che sia una pena suppletiva, una riduzione delle emozioni e dei coinvolgimenti emotivi; dei miei studenti nuovi conosco mezza faccia , fuori dalla scuola non li riconoscerei e probabilmente non avemmo nulla da dirci e neppure motivi per salutarci, visto che il contatto umano è forzatamente limitato e si parla poco oltre il necessario. Fa soffrire, ma si sopporta.
Prima di varcare la soglia del portone estraggo dalla borsa il mio “green pass” cartaceo, in modo da non doverlo cercare una volta dentro, anche se fuori piove e mi bagno voglio entrare con la tessera verde in mano, in modo da espletare velocemente il riconoscimento presso il totem e andare in classe. Se impiego qualche manciata di secondi in più a cercarlo dopo aver varcato la soglia, inevitabilmente qualcuno mi deriderà dicendomi “l’hai dimenticato in farmacia oggi?”… “eh certo, noi vaccinati abbiamo una marcia in più perché ce l’abbiamo sul telefonino”…. “beh, però il naso ancora ce l’hai intero, non si vede che fai i tamponi” e altre amenità del genere, a volte ho voglia di rispondere con il sorriso e iniziare un discorso, a volte no, dopo un mese e mezzo di scuola ne ho sempre meno voglia perché mi sembra di essere un disco rotto, che suona per un pubblico con i tappi di cera nelle orecchie, che non si accorge di averli.
Il totem mi riconosce. Lo schermo si illumina. Appaiono il mio nome e cognome e la vocina metallica mi dice “Buongiorno”.
E io sono grata al totem perché l’unico barlume di “umanità”, in un contesto di spettri “mascherinati” e per i quali il green pass acquisisce valore di titolo superiore a laurea e abilitazioni, mi viene dato da una macchina, alla quale nulla importa se sono vaccinata o tamponata, lei fa ciò per cui è stata programmata , democraticamente e senza cattiveria o pregiudizi, e, in questo, la macchina è preferibile agli umani.