Officina Iblea: un agriturismo in Via di San Bernardo

-La donna è forza, costanza, audacia e non solo fragilità-, penso a questo mentre vengo trasportata dalla voce di Antonietta Caldarera, ragusana a Genova.

L’accento è siciliano ed è, di per sé, garante dei cibi che vengono proposti nel suo ristorante, Officina Iblea ma, ci tiene a precisare, non basta questo a convincere i clienti:

Mi sono trovata nella paradossale situazione di crearmi una clientela siciliana grazie ai genovesi.

In che senso?

Eh, nel senso che sono stati proprio i Genovesi a portarmi i Siciliani perché i Siciliani si fidano poco dei locali che dichiarano origini isolane ma poi in realtà deludono nei sapori.

La clientela, medio-alta, formata da avvocati, procuratori, imprenditori ma anche artisti, registi, attori, non è selezionata in base ai prezzi, assolutamente accessibili considerato che l’arancina costa un paio di euro, ma in base alla cultura:

La mia cucina utilizza prodotti biologici e rigorosamente siciliani: mi servo dalla Cantina Maggio Vini o da Pettineco Bio. Parlo direttamente con i produttori nelle mie vacanze in Sicilia.

Vacanze…quindi in realtà Lei lavora anche quando è in ferie.

Non esistono ferie quando si è titolari di un’attività perché in qualche modo tu sei l’attività stessa.

La vita è questione di scelte, dice, l’importante è non far mai il passo più lungo della gamba.

Giovanni Capano, Christian Adorno Bard e Simone Grande, attori del film Avanti, Avanti! in una cena sponsorizzata da Officina Iblea.

Io non ero nessuno. Ho avuto la fortuna di essere scelta come cuoca al Club Rotari pur non avendo un curriculum, stupendoli semplicemente con la mia abilità culinaria appresa -invero- soprattutto dai nonni paterni. La fortuna però ti sorride una volta nella vita, non ci si può basare su di questa che poi, chi lo sa, ti tradisce; così ho sentito la necessità di costruirmi un curriculum e, dopo essere stata cuoca, mi sono adattata a fare la lavapiatti, la cameriera, l’aiutocuoco.

Ho imparato cosa significhi lavorare sotto padrone, cosa chiedere ai dipendenti.

L’esperienza più emozionante, per Antonietta, è stata la gestione di un agriturismo:

Lì ho capito che cosa davvero volevo dalla vita: la dimensione dell’agriturismo è avvolgente, quella del ristorante invece non mi appartiene.

Eppure Lei si è aperta un ristorante.

Io lo ritengo un agriturismo cittadino in un posto che amo immensamente: il Centro Storico.

Perché?

Perché la dimensione è umana e io mi sento a casa.

Officina Iblea si trova in Via di San Bernardo, si entra e si assapora la Sicilia a partire dall’arredamento e dalle ceramiche scelte: l’odore è quello del cibo vero, del pane cotto su pietra, delle tagliatelle tagliate al momento, delle padelle portate in tavola col cibo caldo. C’è poi il sorriso di una bocca a cuore e il cipiglio manageriale che traspare dalle lenti degli occhiali, una cascata di riccioli che ricorda che la vita è un insieme di sapori buoni.

I suoi ravioloni con la ricotta fresca richiamano qualche attenzione, così come i cavatieddi e il pane cunzato. Un giorno entrano nel locale, in incognito, degli ospiti particolari: assaggiano tutto e pagano; in breve ad Antonietta viene recapitata una targa: quella dell’Eccellenza Italiana del Made in Italy che viene riconfermata l’anno dopo.

Antonietta Caldarera

Noi dell’Hermes Movie invece, nel nostro piccolo, abbiamo pensato di considerarla la donna di questo Marzo 2022 perché, per la tenacia in un mondo che crolla, ci ricorda Malena, la protagonista di Avanti, Avanti!

Antonietta ha deciso di aprire il primo locale quando si è ritrovata con due figli piccoli da crescere e nessun aiuto intorno, il primo passo è stato quindi l’apertura di una rosticceria siciliana il più possibile compatibile con l’organizzazione familiare. Poi arriva l’occasione: la disponibilità di un locale più grande, lì vicino.

Antonietta decide di fare da sé: non chiede aiuti alla Regione pur potendo accedere ai fondi per l’imprenditoria femminile e, visto che si tratta di un nuovo locale, investe nelle licenze.

Così io durante il lockdown ho avuto la mia zattera con le provviste necessarie: ho rinunciato al di più, non all’essenziale, e ho resistito grazie alla licenza come negozio alimentare. Perché la vita va pianificata bene, non ci si affida al caso che muta. All’aiuto di Dio sì, e forse aveva questo progetto su di me.

Alessandra Giordano


La primavera dei No Dad: genitori e docenti in piazza

Genova- Piazza De Ferrari è presidiata da genitori e docenti No Dad, un piccolo ma significativo presidio; coordinato con gli altri comitati per la didattica in presenza, Ricostruiamo la Scuola della Costituzione tenta, di sensibilizzare l’opinione pubblica.

Elisabetta Bianchi, professoressa della Secondaria di secondo grado, decide di trascorrere così questa domenica di inizio primavera:

La Scuola tutta è stata punita dalla pandemia: fare scuola significa creare relazione, creare pensiero. Noi non demonizziamo la Dad né la Ddi; utilizzata con intelligenza, può davvero aprire nuovi orizzonti nel panorama della didattica ma non così.

La didattica a distanza crea disuguaglianze, questo è ormai evidente: l’ex ministra Azzolina ne aveva denunciato i limiti e, durante il suo breve mandato, ha cercato di intervenire a favore degli studenti ma la pandemia e l’irrazionale panico che ne è scaturito hanno trovato il capro espiatorio, il nemico esterno, negli adolescenti.

Negli adolescenti -continua la Bianchi- si assiste a un’incapacità diffusa di ribellione: sono assolutamente passivi e non riescono comprendere come lo schermo sia un sedativo che li tiene prigionieri. Molti staccano dalla Dad e passano ai giochi on line, si illudono di creare gruppo ma di fatto sono soli.

Alcuni ragazzi consapevoli esistono e sono quelli che hanno gli strumenti per valutare la realtà: quelli che leggono, quelli che si informano; oggi la dissidenza intellettuale è l’unica possibile: ma dove? Indubbiamente sono le famiglie a fare la differenza e, in particolare, le madri.

Chiara Fasce, una delle coordinatrici del comitato, la capigliatura corta e ribelle di chi bada all’essenziale, non ha dubbi:

Chi paga la pandemia? Le donne. Noi siamo qui per i nostri ragazzi, per le nostre ragazze e per le donne. Per le donne che lavorano la difficoltà è enorme. Io avevo già lavorato il telelavoro e mi ero costruita i miei equilibri ma, con i ragazzi a casa, ho dovuto rimodulare i miei tempi.

In effetti il tempo dell’accudimento, per la donna, si è dilatato: non si tratta più di cucinare qualcosa dopo una giornata di lavoro ma di giustificare una casa o un pranzo non perfetti nonostante l’essere a casa. Chi poi non può lavorare in smartworking ma deve recarsi sul posto di lavoro sa che in quelle ore di assenza di controllo i figli non apprenderanno alcunché.

Ciò ha incrementato il mercato delle ripetizioni: la presenza di un precettore in presenza va a colmare le lacune di una scuola in assenza e, se non ci sono soldi, la mamma diventa anche insegnante.

Tutto quello che sta succedendo è contro le donne e prescinde dalla classe sociale: questo tipo di politica sta caricando sulle spalle delle mamme ogni responsabilità con costi materiali e psicologici altissimi.

Ma questo Recovery Fund darà un po’ di sostegno alla scuola? Si potranno adeguare le strutture alle nuove esigenze, allargare gli spazi, diminuire le classi pollaio?

Assolutamente no. Con questo nuovo governo si sta dando ampio spazio alla digitalizzazione della Scuola che deve rimanere permanente nel nostro futuro. Noi non siamo contrari a priori a ciò che è digitale ma quella della distanza è una dimensione che deve rimanere lontana dalla Scuola. I cuccioli di mammifero, lo dimostra la scienza, non apprendono in assenza di relazione.

Resta amara una considerazione: in piazza si è ancora troppo pochi e, se si vuole ottenere qualcosa, occorre protestare uniti.


Esna: il coraggio della fuga

Esna ha gli occhi duri, lucidi, in fuga: a tratti si fermano sulla zuccheriera di porcellana, a tratti scorrono sulle mani rugose dell’anziana che lei, immigrata, accudisce.

Curioso, sarei voluta diventare dottoressa; nei giochi-da piccola- interpretavo sempre il medico: un medico donna in un Paese che ammette solo mamme.

Esna

Giovane, con due figli a carico in una terra straniera, lei nel suo Paese non è potuta restare:

Non dormivo più; dal momento in cui ho chiesto il divorzio mi sono arrivate continue minacce di morte. Alla fine speravo che lui facesse in fretta o immaginavo di suicidarmi: quella non era vita.

Esna

Sposa-bambina a causa dell’illusione dell’amore, Esna ha immediatamente capito di essere in trappola ma tace per il bene del figlio.

Dopo il matrimonio ho capito tante cose: lui era geloso, violento e incapace di lavorare.

Esna

Esna rimane nuovamente incinta, questa volta di una femmina, e si sente sempre più prigioniera. Il marito decide di emigrare: nella loro terra non c’è lavoro. Grazie ad un cugino di lui, la famiglia approda in Olanda:

Ero contenta: si trattava del nostro primo viaggio; Amsterdam era bellissima e le case avevano finestre enormi. La lingua era nuova, difficile, ma le sfide non mi hanno mai spaventata.

Esna

Purtroppo il marito si avvicina al mondo della droga e diviene ancor più violento.

Io lavoravo poche ore in un’impresa di pulizie e lui pretendeva il controllo totale sul denaro; cominciai a nascondere i soldi, a prendere sberle ma ancora non avevo il coraggio di fuggire. Lui mi chiamava puttana davanti ai bambini ma io non sapevo a chi chiedere aiuto.

Esna

Dopo un anno Esna è costretta a tornare nel suo Paese; la neve le pare intollerabile, faticosa, nemica. Non vuole stare lì, non con lui. Ha il coraggio di divorziare, i giudici parlano la sua lingua e forse ascoltano le sue ragioni. Trova lavoro in una fabbrica e coltiva amicizie femminili, ogni volta che lui esige vedere i bambini, lei accetta di seguirlo.

Non mi fidavo, avevo paura che li volesse ammazzare.

Esna

Una sera la discussione diventa più violenta e alcuni passanti chiamano la polizia che la salva ma non arresta lui.

Arriva in fabbrica pesta, esausta, segnata.

“Io ho uno zio che, se non lo guardi in faccia, ti porta in Italia”.

Non ha tutto il denaro richiesto ma suo padre la aiuta: si sente in colpa per il matrimonio al quale l’ ha destinata anche se lei non l’ha mai accusato.

Il viaggio è silenzioso, freddo. I bimbi stanno bravi.

Esna

Nessuno li ferma e viene lasciata a Padova; sua sorella è a Genova e la vuole raggiungere

ma non ho il passaporto dei bambini: il padre non lo avrebbe firmato.

Esna

Arriva a Genova in treno, senza biglietto e terrorizzata.

La fermano, la portano in questura, l’ascoltano.

Non raggiungo mia sorella, mi mandano in una comunità e ci sono altre mamme coi bambini: finalmente mi sento protetta.

Esna

Rosa Johanna Pintus


Medea, donna che uccide. L’infanticida è straniera e la Destra insorge.

Una Medea legata che danza Stravinsky, così- nel mese della dedicato alla donna- si aprirà il laboratorio La magia di Medea proposto da LIBRIDA. Attraverso una piccola performance visionaria e immediata, la conduttrice pone l’accento su due concetti cardine: l’essere donna e l’essere straniera. Tema, questo, affrontato già in Fedra e la fragilità lo scorso 25 febbraio.

Nel caso di Medea però le tinte sono molto più forti e il colore lo sceglie Euripide che, nel 431 a.C., con questa donna così sofoclea, mise a disagio i giudici. Alessandra Giordano allora setaccia e reinterpreta il mito: eternamente sospesa tra la cultura classica e la realtà della periferia più estrema, si trova a  rappresentare una Medea in carcere,  poco importa se sia colpevole o innocente. Il mito del resto non è generoso e ricorda questa donna per atti atroci: le si imputa l’uccisione del fratello Apsirto, la si cita come assassina dei figli; impossibile allora non pensare a quella Jessica e a quella Annamaria che hanno dipinto di rosso le cronache di vent’anni fa: delitti ancora poco chiari come poco chiara è la storia di questo personaggio.

Medea aiuta Giasone  a prendere il vello d’oro, come la cugina Arianna aiuta Teseo a uccidere il Minotauro.

Entrambe tradiscono il padre, entrambe si offrono a stranieri che poi le ripudiano.

In particolare Medea, come la zia Circe, prima di essere ammaliatrice è vittima d’amore: Giasone si serve di Medea ma non la ama, le riserva le attenzioni che si danno a una πολλακη, non a una moglie.

La ragion di stato è padrona dell’eroe greco -colpevole di omicidio quanto lei- che, smaltiti i giovanil furori, deve mettere la testa a posto: il re di Corinto (il solito Creonte) offre a Giasone sua figlia Creuza e l’eroe non rifiuta l’offerta.

Medea - Le Mura di Sana'AMedea non lo può accettare, non si fa da parte come avviene nel caso di Ermengarda quando Carlo Magno la ripudia.

Non si fa da parte perché non è addomesticata, è viva:

Quando una DONNA viene offesa nel suo letto, non c’è altra mente che sia più sanguinaria.

Medea, Euripide

Questi versi sono interessanti in quanto inaccettabili per la morale, ma se Euripide  avesse scritto:

quando un UOMO viene offeso nel suo letto, non c’è altra mente che sia più sanguinaria

nessuno si sarebbe scandalizzato: né gli antichi Greci né noi, ormai assuefatti a infanticidi compiuti per vendetta.

Per un Giasone infanticida ci sarebbero stati due articoletti di cronaca nera (si pensi a Eracle), per Medea circa duemilaquattrocento anni di discussione: è innaturale che una donna uccida i figli, non è innaturale che li uccida un uomo.

Il punto però è un altro: se Medea non avesse ucciso i suoi figli?

Sostiene questa tesi la tedesca Christa Wolf che va a ficcare il naso nel mito pre-euripideo.

La Medea di Christa Wolf è vittima di un complotto: privata dei figli, è accusata di averli uccisi.

Medea, prima della tragedia di Euripide, incarnava il dramma di una donna STRANIERA che non poteva essere accettata dalla civiltà di Corinto; consapevole dell’odio che i Corinzi provano verso di lei, Medea si rifugia con i figli presso il tempio di Era.

Non basta: i Corinzi arrivano a lapidare i figli di Medea in luogo sacro e questi muoiono.

E’ curioso come la Wolf non sia l’unica a recuperare l’antico mito di Medea; prima di lei lo fa Corrado Alvaro, scrittore calabrese antifascista.

La Medea di Alvaro si circonda di Amazzoni ma non è un’ Amazzone, è una donna innamorata. Creonte appare finto, robotico e spiega con voce affilata e tagliente le ragioni del suo ripudio:

Il popolo mormora, la gente vuol star tranquilla! E più s’aprono le vie del mondo, più la gente si chiude.

Giasone metta almeno al riparo i miei figli.

No, non c’è asilo per i figli di Medea nel mio regno, il popolo mormora: la loro presenza è impura.

La lunga notte di Medea, C.Alvaro

Per i figli questo significa esilio, perdita di diritti, morte certa.

Il fatto che Corrado Alvaro scrivesse queste cose nel 1949 fa rabbrividire: l’autore immaginava che l’Italia si sarebbe nuovamente affidata a una destra xenofoba?

Non lo sappiamo, sappiamo solo che gli artisti anticipano, con le loro opere, il futuro.

Lo spazio concesso dalla saletta, che ora ospita una collettiva sulla donna, è piuttosto intimo; è gradita la prenotazione su info@librida.it

Rosa Johanna Pintus 

Se ti è servito questo articolo, commenta e condividi.


La rivoluzione dei gelsomini, una primavera politica

Mohamed Bouazizi

La primavera araba parte con Mohamed Bouazizi, un giovane venditore ambulante che, nel dicembre del 2010, si dà fuoco nella cittadina di Sidi Bouzid. Il suo gesto ricorda quello di Jan Palach che, nel 1969, si dette fuoco a Praga per protestare contro l’occupazione sovietica.

Leggi tutto


Quel che resta del Sessantotto

L’8 Marzo di Librida

L’8 marzo, presso lo spazio Librida, si è svolto il recital “Ciò che resta del Sessantotto”.

L’evento, coordinato dall’attrice siciliana Mariapia Altamore, ha visto in scena quattro donne: l’attrice Donatella Rizoglio, la scrittrice Alessandra Giordano, la violinista Alice Nappi e Mariapia Altamore.

Particolare lo spazio in cui la performance ha avuto luogo: una saletta vicino a Porta Soprana, sede dell’associazione, che ospita una collettiva sulla figura della donna.

Leggi tutto